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La psicologia…vissuta dal libero professionista! – di Ada Moscarella

Tag: Articolo 21

Pubblicato in: Libero Professionista, Politica professionale, Referendum Codice Deontologico

Cosa fa lo psicologo? Gli atti tipici della mia professione

Pubblicato il 26 agosto 201327 marzo 2017 da Ada Moscarella

Poche settimane fa, con una misteriosa richiesta di riservatezza, è stato inviato a tutti gli psicologi l’agognato lavoro sugli atti tipici della professione. Un documento molto atteso, a maggior ragione dopo la modifica dell’art.21 del nostro codice deontologico con l’ultimo referendum. I contorni della nostra professione diventano e devono diventare più definiti, a tutela dei professionisti e soprattutto degli utenti, che devono potersi orientare sempre meglio all’interno delle offerte che il mercato offre per la tutela della loro salute e la promozione del loro benessere.

A svolgere questo importante lavoro ci hanno pensato tanti colleghi più esperti e competenti di me, che hanno svolto un lavoro prezioso che speriamo possa finalmente tappare quella falla all’interno della quale talvolta osano spingersi pseudoprofessionisti non adeguatamente formati.

Mentre oziosamente sul divano leggevo il segretissimo documento fattoci pervenire dal CNOP (la prova è che ho trovato anche un refuso prontamente segnalato 😀 )  inizio a riflettere sugli atti tipici della mia professione…ossia sul lavoro che svolgo io quotidianamente e ho iniziato a riflettere sulla provenienza delle competenze con cui affronto le mie numerose attività diversificate…

Facciamo, e non per vanità, un piccolo riepilogo del mio percorso di studi.

Laurea Triennale presso la Seconda Università degli Studi di Napoli in Psicologia del disagio relazionale e individuale.

Tirocinio pre laurea triennale in una clinica neuropsichiatra, dove inizio a imparare a somministrare i principali test neuropsicologici.

Mi trasferisco all’Aquila e prendo la Laurea Specialistica in Psicologia Clinica e Dinamica.

Svolgo il tirocinio presso la cattedra di sessuologia con il prof. Jannini e scrivo un mattone di tesi sperimentale sulla percezione della bellezza nell’omosessualità femminile.

A questo, segue un anno e mezzo di tirocinio post laurea+volontariato in un Centro di Salute Mentale, dove seguo colloqui con psichiatri, psicologi e psicoterapeuti, di valutazione, diagnosi e counseling.

Durante la specialistica all’Aquila inizio un corso biennale di psicodiagnosi dove imparo i principali test.

Successivamente corso annuale in psicologia giuridica e corso annuale in mediazione familiare.

Intanto, prendo anche la specializzazione in psicoterapia sistemico-relazionale e durante i 4 anni riesco a svolgere tutti tirocini interessanti, dal reparto di malattie infettive nell’ospedale di Caserta fino al reparto di tossicologia al Policlinico Vecchio a Napoli. Scriverò un capolavoro di tesi di specializzazione sulla speranza e cronicità nella terapia dell’alcolismo (il mio orgoglio *_* )

Confrontiamo ora questo percorso con le mie attività diversificate da libero professionista e vediamo da quali percorsi ho attinto le competenze. Consideriamo solo quest’anno (facciamo finta sia per brevità…)

a) Docenza per corso di formazione rivolto a cassintegrati per formarli al mestiere di addetto alla cura della persona. Ho insegnato Psicologia Sociale e Sociologia. Nessuno mi ha insegnato a insegnare, ma questo per fortuna fa parte delle mie doti naturali. Per gli argomenti di lezione ho sicuramente attinto alle mie conoscenze universitarie.

b) Consulenza tecnica di parte. Qui ho utilizzato le conoscenze apprese durante quasi tutti i percorsi post laurea, dalla psicodiagnosi, alla psicologia giuridica, alla mediazione familiare alla specializzazione. Se mi fossi fermata alle sole conoscenze universitarie, non avrei saputo dove mettere mano.

c) Pazienti vari: ovviamente ho fatto riferimento alle competenze apprese durante la specializzazione. Ma devo dire che anche dopo il tirocinio post laurea, seppure con la scontata inesperienza, ero in grado di condurre un colloquio in maniera professionale.

d) Docenza in psicodiagnosi rivolto a colleghi. La psicodiagnosi all’università non l’ho praticamente mai toccata (eppure i mie percorsi di studi sono stati tutti fortemente improntati alla clinica…), tutto quello che insegno, l’ho imparato dall’esperienza nel Centro di Salute Mentale e nel corso di formazione post laurea. Tra gli atti tipici dello psicologo c’è la diagnosi, ma non avrei saputo dove mettere mano senza un percorso specifico post laurea al riguardo.

e) Attivazione e/o rinnovo di vari siti internet (quello dell’Associazione Psicologi Campani, un altro blog qui su wordpress o il mio sito professionale e al momento ho tra le mani quello di una cooperativa). Non ho mai studiato informatica, non ho neanche piena consapevolezza di quello che faccio quando metto su un sito, intendiamoci…ma intanto lo faccio. Non saranno perfetti, ma funzionali direi proprio di sì. Certo, ho frequentato la facoltà di psicologia…ma vogliamo parlare dell’esame di informatica dove mi hanno “insegnato” a utilizzare il pacchetto office…? Quello che ho “imparato” in quelle 30 ore di corso non mi è tornato utile mai, nemmeno quando ho fatto la tesi sperimentale, dove confesso che mi sono fatta elaborare i dati da qualcun altro, perché non sapevo utilizzare nessun programma utile…

f) Stesura di vari progetti. Il 50% l’ho imparato all’università. Il 25% l’ho imparato su google, il 25% me l’ha insegnato (probabilmente senza saperlo 😀 ) la mia collega Pina. Durante la specialistica ho fatto un intero esame annuale tutto improntato alla progettazione (si chiamava Psicologia della Salute) e la docente, che credo sia rimasta solo per il mio anno prima di scappare in California (beata a lei) ci ha fatto lavorare praticamente sulla stesura di un progetto. Ma chi nella progettazione ci lavora, sa che un conto è presentare un progetto in una scuola, un altro conto è compilare un progetto in base ai format dei vari bandi. La mia collega Pina che da più tempo lavora in questo campo, ogni tanto mi assegna qualche “compito”, qualche pezzo di bando da compilare (soprattutto se si tratta di strutturare la formazione) e così con la sua guida ho imparato cose di cui mai avrei osato sospettare l’esistenza. E poi google. Quando tutto manca, troverai sempre qualcuno che avrà fatto la cosa che stai facendo prima di te!

g) Strutturazione di corsi di formazione: l’ho imparato guardando, soprattutto facendo da tutor e assistente nei corsi di psicodiagnosi, prima di essere lanciata nell’insegnamento.

h) Accreditamento di enti. Avete mai provato a farvi accreditare come provider ECM? Se sì, non c’è bisogno che parli. Se no, ci vediamo qui fra un paio di anni…Niente e nessuno può prepararti davvero ad avere a che fare con la burocrazia dello Stato Italiano.

Per il prossimo autunno ci sono altre possibilità in ballo, ma è meglio non dire gatto se non ce l’hai nel sacco 😉

Ma perché questo lungo elenco? Perché sto leggendo i risultati della mia piccola ricerca sugli abilitandi alla professione di psicologo e non posso fare a meno di pensare che per due prove su quattro (ma a volte pure tre) sono solo parzialmente (e a volte pure MOLTO parzialmente) preparati.

La prima prova gli chiede di richiamare conoscenze che dovrebbe avere e ok, a parte la noia, una laurea siamo arrivati tutti a prenderla se stiamo affrontando l’eds.

Ma per il progetto? In quante università si viene effettivamente preparati a scriverne uno? E il progetto che viene richiesto all’eds è piuttosto semplice come struttura, facciamo la domanda vera: in quante università si viene formati a leggere un bando per scrivere un vero progetto?

Il caso clinico, poi, è un tasto dolentissimo. Di teoria della clinica se ne fa tantissima (ed è fondamentale, non sentirete mai da una secchiona come me dire il contrario!), ma quanti hanno poi l’effettiva occasione di mettersi alla prova in un tirocinio post laurea effettivamente formativo? Io non ero preoccupata dalla III prova perché durante il tirocinio post laurea ne avevo davvero viste di tutti i colori e avevo trovato anche un confronto veramente soddisfacente con diversi professionisti e professionalità. Ma quanti possono dire lo stesso?

Per non parlare dell’orale! Chi ha mai sentito parlare di codice deontologico all’università? Le facoltà che hanno nel piano di studi dei corsi al riguardo si contano davvero sulle dita di una mano…eppure credo che la formazione alla propria deontologia professionale sia fondamentale in quel processo di costruzione dell’identità che più di tutto, secondo me, ci tutela dallo sfruttamento e dagli errori!

Finalmente stiamo facendo dei passi avanti su una definizione sempre più efficace e comprensibile della nostra professione…ma mentre facciamo questi passi avanti, forse dovremmo anche guardarci indietro per consentire a questi temerari che, nonostante una situazione occupazionale tragica, si iscrivono alla facoltà di psicologia di essere sempre più efficacemente preparati ad affrontare compiti e sfide professionali!

[Aggiornamento 13 Ottobre 2013: E’ finalmente disponibile anche sul sito del CNOP il parere del gruppo di lavoro “Atti Tipici” sulla Prevenzione e Promozione. Un poco di pazienza e tanta attenzione, mi raccomando! Ho comunque controllato e il refuso c’è ancora 😀 ]

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Pubblicato in: Referendum Codice Deontologico, Riflessioni esistenziali, Senza categoria

Counselor, tirocinio e resistenze sull’identità

Pubblicato il 16 luglio 20138 ottobre 2013 da Ada Moscarella

Continua la mia personale crociata contro la mia ignoranza.

Non mi arrendo!

Superato il trauma di aver appreso all’improvviso di essere una counselor perché non lavoro sull’inconscio (qui il mio dramma personale), mi imbatto di nuovo in un’affascinante discussione, a partire dall’approvazione dell’art.21.

A rendere la cosa DAVVERO interessante è che questa volta dall’altra parte non c’è il counselor che cerca di spiegarmi perché non svolge in nessun modo abuso della professione di psicologo (E IO, SENZA INUTILI IRONIE, MI SFORZO DI CREDERLO CON TUTTA ME STESSA), ma uno psicoterapeuta che forma counselor.

INTENDIAMOCI, e non mi stancherò mai di ripeterlo, non c’è niente di male a formare chicchessia. E io, che ADORO insegnare, sarò ben lieta di insegnare anche in un corso di counseling. Naturalmente per preparare al meglio le mie lezioni, dovrò capire quali sono le funzioni che questo professionista andrà a svolgere, in modo da scegliere argomenti e modalità più funzionali ed efficaci!

Nella discussione, dove si tirano fuori i soliti articoli della costituzione bla bla, all’improvviso, con la scemenza che mi caratterizza, affermo che la ragione di infervorarsi non c’è. I counselor non fanno gli psicologi, NON POSSONO, quindi il problema dov’è?

Tutto qua. Ma solo a me sembra così semplice? Eppure non sono più intuitiva della media, anzi!

Che fa un counselor?

E che ne so io! Mica è compito mio capirlo! E’ compito loro, e non sono ironica.

Si continua a dire, con (voluta?) superficialità che la Legge 4/2013 “Disposizioni in materia di professioni non organizzate” ha riconosciuto il counseling.

E’ una forzatura.

La legge dice che sono riconosciute tutte le professioni non organizzate in ordini e collegi.

PUNTO.

Non elenca nessuna professione, non riconosce niente nello specifico.

Anzi, dice pure che queste nuove professioni non devono svolgere atti già di pertinenza di professioni già regolamentate (e ci mancherebbe). Ed esclude le professioni sanitarie.

Durante la discussione allora accade una cosa strana. Spunta un’affermazione inquietante che suona più o meno così

io mi fiderei di più di un counselor che ha fatto terapia personale che di uno psicologo

Sorvolerò sul fatto che ho sentito counselor spacciarsi per terapia personale 30 ore fatte in gruppo, la frase ha una logica contorta, che si risolve con una semplice specificazione:

pe’ ffa’ che?

Se devo costruire un muro, mi fiderò più di un muratore che di un pilota di aerei.

Se devo fare la torta per mia nipote, mi fiderò più del pasticciere che dello spazzino.

Se devo riparare una frattura mi fiderò più di un ortopedico che del panettiere.

Le metti a paragone, allora sottendi che fanno lo stesso lavoro?

Ma allora è così o non è così?

Io non capisco veramente; con una mano mi spiegano che il counseling non fa quello che fa lo psicologo, poi li si mette a confronto.

Ralph è qui perché mi sento come lui quando non capisco le cose…

Non capisco non capisco.

Mi chiedo pure cosa capisca uno che va a un corso di formazione in counseling. Capisce che può fare lo psicologo senza studiare psicologia (questa non è mia, l’ho letta su una locandina promozionale)? E’ messo in condizione di capire che lo psicologo è una persona con cui può collaborare, anzi, molto probabilmente collaborerà, ma rispetto al quale fa un lavoro diverso, quale, al momento, io non sono ancora riuscita a capire?

Mistero misterioso.

Ma andiamo oltre l’ignoranza, perché trasversalmente l’affermazione del collega pone una questione interessante (e pure questa un poco inquietante). Qual è il livello di preparazione dei colleghi che escono dalla laurea quinquennale?

La preparazione universitaria dal punto di vista teorico mi sento di dire che è di ottimo livello, la vera criticità sta nei tirocini. Non conosco la situazione nel resto d’Italia, ma qui in Campania sono poche le isole felici dove vedi la clinica e i tutor ti aiutano nel complesso processo di costruzione che è la tua identità di professionista psicologo.

Le esperienze che si possono fare sono quasi opposte, ma entrambe fortemente rischiose dal punto di vista formativo.
La prima è quella di passare 6+6 mesi a rispondere al telefono, a fare fotocopie e accettazione, a passare più tempo a prendere il caffè con gli infermieri che nelle stanze con psichiatri e/o psicologi.
La seconda è quasi più aberrante. Si viene lanciati, nudissimi, nella mischia, in piena sostituzione del personale che manca nella struttura.

Per non parlare, poi, di tutte le criticità che caratterizzano quelli che non vogliono fare della clinica il loro mestiere, ma hanno scelto, ad esempio la psicologia del lavoro. Trovare una sede di tirocinio per loro credo sia un’autentica impresa.

Ma stiano sereni, l’impresa ormai sta diventando titanica per tutti, compresi gli specializzandi in psicoterapia…

Accanto a questi estremi ci sono le perle rare. Io ne ho beccate più in fila. Di sicuro ci ho messo del mio, non arrendendomi al primo  nome che mi capitava, informandomi, chiedendo.

E sono stata fortunata, perché accanto ai tutor ho trovato specializzandi più avanti di me che mi hanno permesso di costruire un’identità professionale, oltre che acquisire competenze.

E’ anche per questa fortuna (forse giusto premio per l’audacia nel pretendere di farlo il tirocinio, di non accontentarmi, per esempio di qualche seminario, a costo di rimandare la laurea di 3 mesi…) che sento ogni volta che ho la possibilità di restituire alla comunità quello che io ho ricevuto.

Ma a parte le esperienze e le volontà personali, c’è un problema che resta: spesso l’anno di tirocinio è più formale che formativo.

Si può ovviare a questo? C’è la volontà di ovviare a questo? E la risposta è sì ad entrambe le domande, come?

Diventerebbe allora interessante l’affermazione del collega di cui sopra, che richiama, credo, a un sistema di formazione tutto da rivedere.

Devono soffrire di grave gomito del tennista

Spesso chi forma i counselor dice che il professionista non è fatto dalla laurea, ma dalle competenze. Mi parlano di sistemi di accreditamento di percorsi formativi diversi e mi affascinano pure,  ma poi mi chiedo: perché questa cosa dovrebbe valere solo per la psicologia? Non dovrebbe pure valere per l’avvocato, il medico, l’ingegnere e tutte le altre 28 professioni?

[Naturalmente quando mi viene avanzata questa riflessione, ci tengo a far notare che ciò vorrebbe dire che allo stato i counselor già fanno gli psicologi di straforo, altrimenti perché porsi il problema?].

Non dico che non sarei d’accordo, anzi, un sistema del genere potrebbe anche essere interessante, solo ho delle perplessità…ad esempio, così eh, mi arrivano voci, sentito dire di sentito dire eh, io niente sacciu, ma pare che in alcuni centri di formazione esistano dei veri e propri “addetti all’attestato”…così, per dirne una…

In questi giorni durante un convegno ho sentito dire due cose tremende. La prima era che dovremmo rinunciare a un po’ di etica per essere più competitivi sul mercato (MAI MAI E POI MAI, piuttosto faccio l’addetta all’attestato!), la seconda è che in fondo noi usiamo solo la parola, non tagliamo braccia. Messe insieme queste due affermazioni (ma pure separatamente devo dire) creano in me un allucinante sconcerto, mi hanno urtato nell’intimo. Io sento ogni volta un’enorme responsabilità quando una persona si siede nel mio studio, mi mostra la sua vita “viscerale” e mi chiede una mano per stare meglio. E per responsabilità non intendo “narcisistico potere di salvezza”, ma responsabilità etica di dover pesare, tra le altre cose, anche i miei limiti rispetto alla sua richiesta, oltre che impegnarmi a scovare gli strumenti in mio possesso. Chi si mette in gioco, inoltre in un momento di fragilità, deve avere il massimo della garanzia, sia dal punto di vista etico sia professionale.

Insomma, in conclusione, devo dire che rileggendo l’articolo l’unica cosa che davvero dice questo pezzo è che al momento ho una resistenza a scrivere un articolo che parli pienamente dell’identità dello psicologo. Ma guarirò, e scriverò un capolavoro! (possibilmente più conciso di questo papiello).

Pubblicato in: Politica professionale, Referendum Codice Deontologico, Riflessioni esistenziali

Dall’elaborazione del lutto referendario a una speranza professionale!

Pubblicato il 1 luglio 20131 luglio 2013 da Ada Moscarella

Quando le cose sono confuse, bisogna partire innanzitutto da un punto fermo.

Ecco il mio.

Al netto di ogni considerazione esistenziale, io ho una partita iva e sono quindi una LIBERA PROFESSIONISTA.

In quanto psicologa, questo significa che dietro di me non ho nessuno; davanti a me, invece, ho una moltitudine che sulle spalle porta una o più di queste etichette:

competente, specializzato, incompetente, idealista, creativo, geniale, innovatore, tradizionalista, disilluso, impegnato, disimpegnato, raccomandato, conosciuto, famoso, cannibale, sconosciuto, counselor, psicopedagogista, cinico, crocerossino…

e sono sicura che la folla sia talmente tanta e la mia vista così poco acuta che molte etichette nemmeno riesco a leggerle.

Otto psicologi su dieci non hanno messo tre-crocette-tre su un cartoncino e quindi hanno sentito di non avere nulla da dire circa la disciplina della loro professione.

Cosa c’è dentro l’80% di astensione al referendum di modifica del codice deontologico?

C’è sicuramente un’organizzazione PENOSA.

Molti i kit non pervenuti, molti quelli arrivati fuori tempo massimo.

Dal CNOP ci hanno scritto che entro fine maggio ci sarebbe arrivato il tutto. Al 10 giugno erano molte le caselle postali ancora vuote e magari potevano avvertirci che il tutto avrebbe avuto l’aspetto del solito notiziario che, quello sì, l’80% di noi usa per pareggiare le gambe del tavolo.

Poi ci si è messa pure questa regola del “voto pervenuto”, invece del timbro postale, che ha dato tanto l’impressione di voler creare quanti più ostacoli possibili…

C’è stato poi l’imbarazzante silenzio degli Ordini Regionali.

Da questo screenshot potete vedere la prima pagina di google sulla ricerca “referendum psicologi codice deontologico”.

Se la posizione del mio blog può di certo pompare il mio narcisimo, lo sconforto mi prende quando nemmeno a pagina 5 compare il mio ordine regionale di appartenenza. E quelli delle altre regioni non fanno figura migliore, comparendo comunque nelle pagine 3 e 4 prevalentemente. E chi usa google sa bene che, a meno di ricerche particolarmente approfondite, non si va oltre la prima pagina per i risultati (peggio, non si va oltre i primi 3 link suggeriti dal motore di ricerca!!).

Si organizzano tanti seminari, più o meno utili/inutili, e dibattiti vari; possibile che in un mese e mezzo gli ordini regionali non abbiano trovato il tempo di spiegare ai loro iscritti cosa stavano andando a votare?

L’ipotesi che mi sono fatta io per spiegare questo colpevole silenzio è, ahimè, molto amara, cinica e con spunti paranoidei.

A pochi mesi dalle elezioni, infatti, a molti deve essere sembrato sconveniente prendere posizione sull’art.21 soprattutto…

Con quale faccia ci si sarebbe poi potuti presentare nelle medesime scuole che formano counselor e psicoterapeuti contemporaneamente, nelle stesse aule, con gli stessi programmi, con gli stessi docenti, a chiedere voti?

E questo è il mio pensiero sulle istituzioni.

Ma quell’80% che è stato in silenzio ora, tale e quale alle elezioni ENPAP, può essere spiegato solo così?

No, non può. E’ troppo facile, troppo semplicistico, troppo lineare.

Mi viene in mente una delle scene finali di Resident Evil 2 (il film).

Mentre i buoni fuggono con l’elicottero, il cattivo viene lasciato a terra e una miriade di zombie, accecati dalla fame, gli si lanciano addosso per sbranarlo.

Naturalmente ci sarà quello più fortunato, che prenderà un bel boccone, quello che dovrà accontentarsi di qualche piccola briciola e quello che resterà a digiuno e frustrato dalla fame.

Il punto è che mentre tutti si lanciano su quei pochi brandelli di carne, ignorano che gli sta per scoppiare addosso una bomba atomica che li annienterà!

Non sarebbe allora stato più sensato cercare di salire sull’elicottero?

Mentre noi ci litighiamo le poche ossa, addosso ci cadono i counselor, ci cade una visione sempre più “medicalizzante” della nostra professione, ci cadono gli altri professionisti che ci scippano ambiti di lavoro nei quali saremmo utilissimi (come scrive così bene qui Valentina Bovio) …e ci cadono addosso un milione di altre cose che sicuramente la mia notevole miopia mi impedisce di riconoscere!

Siamo tanti e contiamo pochissimo.

Siamo disillusi, disimpegnati, sfiduciati, siamo frammentati ciascuno a difesa del suo orticello, come dice il mio caro amico e collega Giovanni.

Ma una speranza c’è, io la vedo e non voglio abbandonarla.

C’è nella comunità uno zoccolo duro che non molla.

Che non crede nell’individualismo e nel cannibalismo zombico, che parla, discute, ma soprattutto scuote, che tappa i buchi laddove le istituzioni se ne stanno in silenzio più o meno disinteressato.

Con qualche blog, qualche sito, qualche pagina su Facebook siamo riusciti a entrare in contatto con 17mila psicologi.

Non dobbiamo mollare.

Dobbiamo continuare a parlare, continuare a indicare l’elicottero, perché è impegnandoci a salire su quello che possiamo sperare di non doverci accontentare delle briciole o addirittura restare a bocca asciutta.

Visione idealistica?

Forse.

Ma è davvero l’unica visione possibile per me, se voglio continuare a fare questa professione.

Quando la mia visione cambierà, diventerà più pessimistica o semplicemente più realistica potrà dirmi qualcuno, allora non cercherò compromessi.

Semplicemente farò qualcos’altro.

Cosa non lo so…in fondo io faccio parte di queste generazione di giovani così choosy…

Pubblicato in: Referendum Codice Deontologico

Disimpegno referendario ed elaborazione del lutto

Pubblicato il 30 giugno 20131 luglio 2013 da Ada Moscarella

La nostra politica professionale è terribilmente colpevole di questa pigrizia.

Io spero in una grande partecipazione a questo referendum, indipendentemente dal suo risultato.

Se amiamo questa professione non possiamo essere compartecipi di alcuno stato comatoso.

Ora noi giovani psicologi possiamo lamentarci di patire le conseguenze di quanto arronzato in passato, ma se non ci decidiamo a partecipare alla politica professionale, alla promozione del suo ruolo nella vita quotidiana, alla sua tutela, neanche di lamentarci avremo più il diritto.

Con queste parole chiudevo uno dei miei primi articoli sul referendum (qui l’articolo completo).

Oggi vengo a sapere che le schede pervenute al CNOP sono circa 17.000, che tradotto fa 20% di psicologi votanti…

L’80% di noi non ha espresso il proprio voto circa la modifica del Codice Deontologico.

La questione ora è:

Dentro questo 80% quanto c’è di:

Kit che non sono arrivati (o non sono arrivati in tempo utile)

Voti che non sono pervenuti in tempo (perché ricordiamoci la forma ridicola per cui sono stati conteggiati i voti PERVENUTI, senza prendere in considerazione il timbro postale…)

Comunicazione scadente del CNOP e dei vari Ordini Regionali che, a parte poche eccezioni, sono stati silenti circa la votazione

Disinteresse e/o disimpegno

Assoluta fiducia in ciò che il CNOP può fare, anche da solo

Assoluta sfiducia in ciò che il CNOP avrebbe comunque fatto.

Io intanto mi prenderò qualche ora per elaborare il lutto, poi dirò la mia opinione

Pubblicato in: Referendum Codice Deontologico

The final countdown! Hai votato per il referendum?

Pubblicato il 22 giugno 201322 giugno 2013 da Ada Moscarella

Ti ricordo che per essere valido il tuo voto deve pervenire al CNOP entro le ore 12 del 28 Giugno.

Se non hai ancora ricevuto il kit puoi ritirarlo presso il tuo Ordine regionale o segnalare la cosa al CNOP.

In questo video, la collega (e cara amica) Valentina Bovio, riassume le posizione del Sì e del No alle tre proposte oggetto delle modifiche referendarie.

Per tutti quelli che da piccoli leggevano i libri guardando solo le figure! 😛

Pubblicato in: Politica professionale, Referendum Codice Deontologico

Questa è…SPARTAAAAAAAA!!!!

Pubblicato il 19 giugno 201319 giugno 2013 da Ada Moscarella

Vi metto solo in sequenza i fatti, ambasciator non porta pena, fatevi voi un’opinione, magari conservatela e ricordatevene quando sarà il momento.

Perché ci sarà un momento in cui dovrete ritirarla fuori dalla tasca, ve l’assicuro.

Luca Pizzonia, un collega, (di cui potete leggere il post qui) mi segnala che tra gli EVENTI che l’Ordine degli Psicologi della Campania pubblicizza a questo link (CLIKKA) è previsto per la data 17 Giugno (peccato essermelo perso…) un seminario gratuito dal titolo

UNA PROFESSIONE PER I NOSTRI TEMPI

Sarà lo psicologo, direte voi…si parlerà di tutti gli ambiti in cui lo psicologo può operare, nuove applicazioni, nuove tecnologie…

Clikkate sul link e si apre questo (CLIKKA)

L’evento pubblicizzato sul sito dell’Ordine degli Psicologi è un seminario per promuovere un corso triennale di counseling.

Al che, incuriosita, vado a leggere il programma dell’intero corso.

Potete leggerlo qui (CLIKKA)

Vi invito a focalizzarvi su:

a) A chi è rivolto il corso, in particolare sulla frase

 e a quanti sono interessati al sostegno ed alla relazione di aiuto, alla formazione, alla crescita e allo sviluppo personale.

b) Chi sono i docenti. Non concentratevi sui nomi, sono sicura che sono tutte persone competenti e rispettabilissime, ma sul lavoro che fanno.

c) Datevi una lettura sulla definizione di counseling che viene data sui siti del CNCP e della SICO. Non ve le riporto io perché sul sito della Sico c’è un bell’attenzione! non si può riprodurre nessuna parte del sito sennò abbuschi! E neanche questo avviso ho potuto copiare, lo trovate in originale in fondo alla homepage!

Se la cosa ti ha annoiato, ti prego di perdonarmi.
Se invece la cosa ti ha interessato, tieni ben calda la tua opinione in tasca.

Ps: sarei curiosa di sapere quanti psicologi sono andati a questa interessante giornata e se a quegli psicologi è stato fatto qualche cenno su come votare per la modifica dell’articolo 21…

Pubblicato in: Politica professionale, Riflessioni esistenziali

Una scoperta sconcertate: sono una counselor!

Pubblicato il 18 giugno 201319 giugno 2013 da Ada Moscarella

Sì, l’ho appena scoperto e ora sono in piena crisi di identità! Ho buttato quattro anni della mia vita???

Ho appena scoperto che sono una couselor perché mi hanno spiegato che la differenza tra la psicoterapia e il counseling (fatto da un counselor) è che il secondo non lavora sull’inconscio!

Ma nemmeno io lavoro sull’inconscio!

Io mi accingo a fare psicoterapia sistemico-relazionale! Io e i pazienti insieme scoviamo limiti e li trasformiamo in risorse! Sfruttiamo le potenzialità dei sistemi!

Inconscio? Ma quale inconscio! In quattro anni di scuola di specializzazione non me ne ha parlato praticamente nessuno!

Cosa significa questo? Che sono stata tratta in inganno???? Che credevo di stare specializzandomi in psicoterapia e invece stavo diventando una couselor perché non so come si lavora sull’inconscio???

Aiutatemi, vi prego! Una crisi d’identità a 40 gradi è intollerabile!!

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