Tutti, al bar o sotto l’ombrellone, possiamo dire la nostra sulla decisione del giudice di togliere il figlio appena nato a Martina Levato, “quella della coppia dell’acido”.
Anzi, che le persone comuni ne discutano lo troverei persino un buon segno: significa che c’è voglia di parlare di genitorialità, diritti, rieducazione, infanzia.
Insomma, che c’è voglia di parlare di psicologia nella società.
Che il dibattito prenda la piega di una puntata di Quarto Grado o diventi una discussione produttiva è una questione che è responsabilità innanzitutto di noi psicologi che, ad esempio, dovremmo sottrarci dalle analisi superficiali e irrispettose del lavoro di persone, professionisti e colleghi che si stanno impegnando sulla vicenda da mesi.
Prima del link assolutamente autocelebrativo, mi piace sottolineare che io la giornalista non la conosco e non l’ho cercata. Sono stata trovata da lei, che ha scovato i miei contatti sul mio sito e su quello di un’Associazione di cui sono VicePresidente e Socio Fondatore. Ha letto gli articoli sul mio sito e devo averle dato un’impressione di competenza e capacità comunicativa. Questo per dire (vabbè, magari pure illudersi un po’ 🙂 ) che se si investe un po’ di tempo, piano piano qualcuno poi ti nota.
Sì, sto a stento trattenendo la botta di narcisismo, anche perché mi hanno ricontattato e pure chiesto un altro contributo che credo uscirà nelle prossime settimane.
Urge una foto alla Galimberti.
Nel caso mi vedete a Matrix fra la Bruzzone e Meluzzi vi autorizzo a picchiarmi. So che lo farete per il mio bene!
Partirò da un punto che sembra lontanissimo e che pare non avere nulla a che fare con la psicologia. Ma spero di riuscire a scrivere in maniera sufficientemente chiara da far capire cosa intendo.
Due sono i fatti che in questi giorni ho in testa.
Uno è il risultato del referendum sul nostro codice deontologico. Ad interessarmi sono in particolare i dati sulla scarsissima affluenza (meno del 15%).
L’altro è che un signore che ha detto
posso curare tutte le malattie del mondo!!
riceverà dal Ministero della Salute ben 3 milioni di euro per sperimentare questa sua affermazione.
La faccenda di Davide Vannoni, del Metodo Stamina, delle Iene, della piccola Sofia scoppia in maniera eclatante questo inverno con i servizi di Giulio Golia sui presunti miglioramenti che dei bambini avrebbero a seguito delle infusioni di cellule staminali preparate con questo Metodo Stamina.
Scatta l’onda popolare, le manifestazioni, le proteste, la solidarietà a Vannoni, ostacolato dal complotto delle case farmaceutiche, la crudeltà della scienza che non concede a questi piccoli bambini nemmeno l’ultima speranza. Si susseguono i servizi di Giulio Golia. La pagina Facebook di Vannoni si popola di seguaci e messaggi di incoraggiamento.
Sembrano quelle feste in cui mentre tu sei concentrato a fissare gli splendidi fuochi d’artificio, ti sfilano il portafoglio. Perché mentre tutti guardano i servizi di Giulio Golia, si ignora che di questo Metodo non si sa niente, non si conoscono le procedure, non si ha un protocollo, si ignora un’indagine di Guariniello su una presunta pericolosità delle procedure, si ignora l’origine della storia (potete trovarla ricostruita qui). Si ignora anche che non c’è una pubblicazione, uno studio, nulla che parli di questo metodo, si ignorano pure una serie di brutte figure, come la foto copiata da uno studio ucraino e utilizzato per presentare una richiesta di brevetto (poi ritirata, qui ritrovate una ricostruzione dei fatti).
Direte voi:
ma cosa c’entra tutto questo con la psicologia?
C’entra più del fatto che, ahimè, Vannoni viene talvolta fatto passare per psicologo e talvolta in maniera dispregiativa come “psicologo che vuole fare il medico”… Vannoni, per la precisione, è un laureato in lettere, insegna psicologia della comunicazione e si è occupato, che curiosità, di comunicazione persuasiva…
Ma c’entra per un altro aspetto.
Chi è psicologo sa bene quanto è complicato farsi finanziare una buona idea. Anche quando questa è stata ampiamente testata da altre parti, con successo ed efficacia.
Sì, lo confesso, il Vannoni attualmente è la mia ossessione!
Com’è stato possibile per lui ottenere cosìuna sperimentazione che costerà TRE MILIONI di Euro e, per dirne una, i Centri Antiviolenza di cui vi parlavo qui [CLIKKA] rischiano di chiudere perché non arrivano più fondi?
Eppure ci secchiamo le lingue a urlare di quanto ci sia bisogno di soluzioni e sostegno alle persone, soprattutto donne, che subiscono violenze, spesso nel contesto domestico.
Il fatto che ci sia un bisogno riguardante questo aspetto, è acclarato. Il fatto che un centro antiviolenza possa rispondere a questo bisogno lo è altrettanto.
Allo stesso modo: il fatto che ci sia bisogno di fare qualcosa per chi ha delle malattie che finora la scienza non riesce ancora a curare è pure un altro fatto, altrettanto grave. Che Davide Vannoni e il Metodo Stamina siano la risposta a questo bisogno non so quanto possa essere una risposta a questo fatto.
E sinceramente non trovo accettabile la risposta – Se non si fa la sperimentazione non lo sapremo mai – perché allora anche un personaggio che asserisce di curare il tumore col bicarbonato (parlo di questo qui) ha tutto il diritto di pretendere di sperimentare la sua metodica.
Però qui il punto non è Vannoni in sé, la mia opinione al riguardo penso sia sufficientemente chiara.
Il punto che dovrebbe interessare molto noi psicologi come categoria è: come mai spesso non riusciamo a farci finanziare nemmeno il più brillante, testato, efficace dei progetti?
E arrivo alla percentuale del 15% di partecipazione al referendum. La cosa è sconfortante, dalle parole del Presidente Palma mi pare di intuire che non è in previsione una riflessione su cosa faccia e pensi il restante 75%.
Così pensavo a un passaggio estremo: che sia l’ora di chiuderlo quest’ordine?
La netta maggioranza degli psicologi lo ignora quando ci chiama a raccolta. Molti di noi, e me per prima, sentono che l’Ordine vive su Marte e non ha idea di cosa accada nella vita quotidiana di noi poveri psicologi terrestri (magari pure giovani e magari pure liberi professionisti).
Inoltre mi costa personalmente 155 euro all’anno che, in tutta sincerità, non sento tornarmi indietro neanche con il più creativo degli sforzi; la mia iscrizione la sento come una tassa e basta, non come un’iscrizione a qualcosa capace di offrirmi un servizio. Ma se rispetto ai servizi, Regione che vai – Ordine che trovi, è a livello nazionale che la distanza si fa ancora siderale. Da Marte si passa tranquillamente a Plutone (che non è neanche più un pianeta?).
Poi l’amico Christian, mentre parliamo di tutt’altro, mi illumina con una frase e comprendo. Mi dice
Non possiamo chiudere una cosa che non è mai stata aperta
Allora ecco quello che penso. Così come funziona l’Ordine è un’istituzione per lo più fallimentare. Vanno chiusi? Va liberalizzato tutto? E’ un’idea, lo è di alcuni colleghi.
Non è la mia però.
Non solo perché diffido della totale liberalizzazione in generale…soprattutto in Italia…
Ma perché penso che la nostra più grande colpa, come categoria professionale, è di non aver mai avuto la capacità politica di affermare quello che è sotto la luce del sole. Lasciamo che i familiari dei malati di cancro si debbano arrangiare da soli, che persone di tutte le età sperperino quei quattro soldi che hanno in tasca alle slot, chiudono i centri antiviolenza, nei Ser.T. (giusto per citare quanto accaduto durante la Giornata Mondiale contro le Droghe del 26 Giugno) s’è perso l’85% degli psicologi, nelle scuole la prevenzione e il sostegno sta in mano a volenterosi (a volte pure troppo volenterosi…) colleghi.
Allora sì, gli Ordini sono già chiusi e vanno chiusi definitivamente, se semplicemente devono essere terreno di guerra e spartizione, tra scaramucce personali, di quartiere, di confine, di scuole di specializzazione.
E così con loro portano a morire appresso tutti noi.
Oppure si devono aprire.
O meglio ancora: DOBBIAMO farli aprire, a costo di fare come quei petulanti venditori che continuano a bussare alla porta finché qualcuno non si arrende a farti entrare.
Leggo e rileggo quest’ultima frase che suona un po’ da sessantottina…ma ho 30 anni e nulla più da perdere, se la cosa che amo fare nella mia vita…
Prendo spunto da un surreale articolo comparso sul sito della Riza per riflettere ad alta voce su una questione che ho in testa da un po’.
L’articolo in questione si intitola
I FINTI SAGGI, VERI CATTIVI MAESTRI
[trovate il link sul mio profilo facebook]
e la surrealtà non sta nei contenuti in sé, per altro assolutamente condivisibili, ma nel fatto che siano ospitati sullo stesso sito dove è possibile sfogliare il blog di Raffaele Morelli, di cui possiamo ricordare, a titolo esemplificativo, il fondamentale contributo fornito a Matrix nel pieno del caso di Avetrana.
L’indimenticabile MOVIOLA della secchezza delle fauci e dell’ingrossamento della lingua di Michele Misseri durante un’intervista con Ilaria Cavo.
urlava in collegamento per mostrarci i chiari segni della menzogna.
Quindi, quando nell’articolo si legge
Stanno sempre sul pulpito, non si trattengono dall’elargire consigli e giudizi anche senza conoscere a fondo la situazione
viene giusto un po’ da ridere sotto i baffi…
E fin qui il male, del mondo “psi” in tv, che spesso non ha fatto che alimentare il pregiudizio di una psicologia/psicoterapia da bacchetta magica.
C’è pero anche il bene?
Osservando il modo in cui molti colleghi cercano di promuovere la propria professione o organizzano seminari mi salta sempre all’occhio un paradosso.
Siamo espertissimi nella comunicazione di “cura”, insieme ai nostri pazienti riusciamo a produrre cambiamenti inimmaginabili…eppure, quando si tratta di parlare della nostra professione, quello che può fare, il benessere che può generare, la sua utilità, cadiamo spessissimo in fallo.
Diceva Einstein (vado a memoria)
Bisogna dire le cose nella maniera più semplice e non di più
Il moviolone (pure un poco disgustoso, devo dire la verità) è sicuramente il “di più”, che non serve, anzi, danneggia. Ma quanti altri danni producono certi seminari monocordi, senza coinvolgimenti dell’uditorio, fatti di presentazioni in powerpoint con slide di 40 righe su sfondi psichedelici?
Allora ai Morelli una cosa la dobbiamo rubare.
L’impegno a rendere il nostro lavoro comprensibile a tutti.
E niente di più.
[Se questo blog dovesse sparire nei prossimi giorni, è molto probabile che sia per una causa di diffamazione… Sappiate che è durato poco, ma vi ho voluto bene]