Psicologi in parlamento:5 (4 alla Camera e 1 al Senato, prevalentemente del Movimento 5Stelle, poi della Lega e di Fratelli d’Italia).
Spesso gli psicologi lamentano la mancanza di rappresentanza “nelle stanze che contano” e la necessità di fare azioni di lobbying per orientare i processi decisionali (ed economici) del Paese.
La nostra numerosità, spesso rappresentata come un limite, può in effetti rappresentare un valore e un interesse che può costituire un peso sulla bilancia di chi si trova a dover decidere le politiche regionali e nazionali.
Certo, a patto di avere presente che le cose non accadono per magia e che bisogna muoversi, tutti.
“Ho scritto un progetto, potrebbe risolvere molti problemi”
“Ottimo, che agganci hai?”
Quante volte vi siete ritrovati in questi siparietti?
Quante volte, poi, in campagna elettorale?
Paola Serio scrive troppo poco. Ma quando scrive va dritta al punto: questo articolo è assolutamente da leggere!
Quello di non bere alla guida non ci pareva più un buon consiglio…
L’abbiamo chiesto a gran voce, che il CNOP prendesse posizione sul delirio Gender, almeno con un comunicato.
E finalmente è arrivato il giorno. C’è giusto voluto un po’.
I tre Presidenti di AltraPsicologia, in carica nel Lazio, nelle Marche e in Piemonte, hanno portato la questione in Consiglio Nazionale già ad APRILE (qui il testo della mozione), ricevendo però come risposta una sostanziale alzata di spalle, in quanto non si intravedevano i termini del problema ( il resoconto di quel consiglioad opera di Nicola Piccinini – Presidente Lazio)
Ma già allora non mi ero arresa: ho atteso speranzosa, soprattutto subito dopo la nomina del Presidente Giardina nel comitato scientifico sulle tematiche LGTB (di quello sì che si è data comunicazione subito…).
Alla fine però l’attesa da speranzosa è diventata snervante ed è stato inevitabile che come AltraPsicologia abbiamo iniziato a muoverci da soli, come associazione, online e anche offline con i convegni dei prossimi giorni a Milano e in Sicilia. Con l’impegno e la speranza di riuscire ad intervenire anche altrove.
Anticipo la reazione del lettore coraggioso giunto alla fine dell’articolo
Un anno fa di questi tempi si metteva in moto la macchina organizzativa per le elezioni ordinistiche.
Fino a quel momento non ci avevo pensato seriamente.
Anzi, ricordo precisamente una mattina a scuola di specializzazione qualche anno fa in cui con assoluta certezza affermavo che io non ero fatta proprio per la politica.
Era il 2010.
In verità tuttora ogni tanto me lo dico.
In particolare lo dico a Luca Pezzullo, il più bello tra tutti noi. Gli dico
Luca, secondo me io non sono fatta per queste cose!
Lui scuote i boccoli biondi e mi risponde con frasi dal significato criptico
Porti tu il lievito madre?
L’anno scorso, di questi tempi, ero molto spaventata.
Non dalle elezioni, ovviamente, ma dai cambiamenti nella mia vita che uno dietro l’altro avrebbero cambiato totalmente il mio mondo.
Anzi, uno psicologo potrebbe tranquillamente pensare che la politica è stato per me un ottimo “diversivo”…
Una volta mi hanno chiesto l’origine del titolo del mio blog: SenzaCamice.
La genesi leggendaria (tutte le cose fighe e di culto ne hanno una!) racconta di una giornata di caldo atroce di ritorno dal policlinico.
Il tirocinio al policlinico era tutto un mettere e togliere il camice, entrare e uscire dal reparto.
Un tirocinio formativo meraviglioso, come quasi tutti quelli che hanno caratterizzato il mio percorso di formazione come psicologa prima e psicoterapeuta poi.
Quel giorno, quello di caldo atroce, era anche il mio ultimo giorno di tirocinio e giù tutto un grande affollamento di domande.
Mi collego a Facebook e trovo la bacheca inondata da colleghi entusiasti e speranzosi per l’ennesima affermazione del Presidente Palma che ribadisce la necessità dello psicologo di base o per l’ennesima sperimentazione comunale/provinciale/regionale che vede lo psicologo affiancare il medico di base.
Alla chiusura del seggio domenica sera, direzione bar *.* Mancano Luca e Alessandro
Elezioni terminate: possiamo tornare tutti un po’ più normali 😀
Come era prevedibile, non ce l’abbiamo fatta.
Eravamo consapevoli di tutti i rischi (anche di quello di un cappottone, con non più di 50 voti…), quando abbiamo fatto una serie di scelte molto poco “politiche”, come quella di non prenderci a bordo persone all’ultimo momento solo per mettere insieme una lista di 9…pure quando certe linee telefoniche si sono fatte molto calde…
Siamo tanti e con un drammatico tasso di disoccupazione.
Gli psicologi sono tra le categorie più sfruttate e meno assunte.
Se faccio mente locale non c’è collega che stia a casa senza far nulla: il problema non è fare.
Il problema è fare e venire pagati.
Non dico il 28 di ogni mese, ma dopo 6 mesi ce la possiamo fare?
Resta comunque il fatto che siamo tanti e guadagniamo poco, pochissimo, praticamente mai in maniera costante.
Il che significa, tra le altre cose, che la maggior parte di noi sta ossessivamente a controllare gli annunci di lavoro e compulsivamente a inviare curriculum.
Questo rende la categoria molto vulnerabile a offerte di lavoro che vanno dall’impreciso, allo stravagante, al vero e proprio truffaldino.
Ad esempio all’improvviso, per ogni città, compaiono annunci di ricerca di psicologi per grandi progetti e/o concorsi su tutto il territorio nazionale.
Approfondisci e scopri di dover prima pagare una fantomatica quota d’iscrizione, poi seguire un corso di formazione e infine fai il promoter per l’ente che cerca agganci con i medici, farmacie, ecc ecc…
In pratica hai pagato per fare quello che già fai di tuo quando ti proponi sul territorio.
Alcuni sono persino audaci e ti telefonano e, con il più banale dei piedi nella porta, ti chiedono
Vuole diventare nostro consulente?
E poi scopri che hanno un’idea davvero particolare del lavoro di “consulente” (virgolette doverose): per accettare questa magica e certamente imperdibile offerta di lavoro che si sono scomodati a farti telefonicamente, ti devi iscrivere a un portale sul quale comparirà il tuo nome (come i migliaia di elenchi di psicologi e professionisti che già esistono, e alcuni pure gratuiti) al modico costo di 60 euro per i primi sei mesi.
Questa è la proposta di consulenza… non ridete, che ci sono persone che accettano.
Perché saranno proposte pure sciocche e banali ma su grandi numeri porta comunque un introito a costo relativamente zero.
La condivisione serve a proteggersi anche da questo. Qualche collega giovane (cioè più giovane…) mi scrive, mi chiede cosa penso di questa o di quell’offerta di lavoro (quando ne trovano). E’ sconvolgente il numero di volte in cui sono costretta a dire
E’ una caz*ata, ti stanno chiedendo soldi
oppure
E’ una caz*ata, leggi bene che cercano volontari
Possiamo fare tante riflessioni sul capitalismo, sulla società, sul mercato in generale, sul mercato del lavoro, sulla bambocciosità e sull’essere choosy di noi giovani-di-30-anni-che-mia-madre-aveva-già-2-figli-alla-mia-età-e-lavorava-da-10.
Ma qualsiasi essa sia, lo step successivo mi pare sia uno solo: Informarsi, rifiutare e magari anche informare gli altri.
Siamo tanti, troppi, è vero, ma è possibile che questo elemento debba costituire *solo* un punto di debolezza?
Siamo tanti. E contiamo pochissimo.
Spesso ci fermiamo al “tanti”, alla costatazione numerica e se ci impantaniamo qui è vero: non possiamo fare più nulla, a meno di organizzare un suicidio di massa o organizzare qualche attentato che faccia fuori almeno la metà di noi.
Se non possiamo cambiare i numeri, almeno quelli attuali, non sarà forse il caso di cominciare a pensare se sia possibile cambiare quel “contiamo pochissimo”?
Negli ultimi mesi si sono accumulate una serie di iniziative sulle quali si sono fatte politicamente una serie di preoccupanti dormite.
Le tre forse più eclatanti che mi vengono in mente.
Possibile che una categoria di 90mila professionisti non abbia la forza di farsi prendere in considerazione?
Doveva averla già, e se non ce l’ha ancora, DOBBIAMO prenderla.
Sì o no.
Le vie di mezzo, i compromessi, tutto ciò che è stato fatto finora è stato miope. Terribilmente miope, più simile a una grande abboffata cannibalica, assolutamente particolaristica e personalistica, che a una strategia di politica e cultura professionale capace di resistere nel tempo.
Il mio tempo, la mia generazione, è quasi del tutto andata, bruciata.
Lo sono quasi tutti i tardogiovani della mia età e forse lo sono soprattutto gli psicologi.
So bene che tutto ciò che potrò mai avere nella mia carriera professionale è assolutamente lontano da quello che merito per competenza, impegno, dedizione, sacrificio.
Vale per me e vale per molti altri della mia generazione, che non sapranno mai cos’è un concorso, non avranno, se non in minima parte, la possibilità di avere uno stipendio fisso, non potranno di certo godere della stabilità e delle prospettive che appena la generazione prima della mia ha potuto avere.
Non possiamo cambiare niente di tutto questo.
Possiamo solo decidere cosa fare col tempo che ci viene concesso.
Ogni libero professionista, di qualsiasi colore politico, dovrebbe provare un moto di indignazione quando sente dire
Siamo tutti evasori, siamo tutti pregiudicati
Perché io, insieme al mio commercialista, severo e dolcissimo, le tasse le pago. Tutte. Faccio le fatture, le numero, ci attacco il bollo quando serve, verso il 2% di enpap per una pensione da fame. Pago le tasse e stringo la cinghia quando serve. Pago le tasse sui tre lavori in tre luoghi diversi che posso fare lo stesso giorno. A volte pago le tasse allo Stato pure quando lo Stato (regioni, province, comuni) deve ancora pagarmi. Capirete, perciò, che non è una questione di colore politico se mi girano i sentimenti quando sento parlare di grazia a furor di popolo per un evasore fiscale, miliardario. Quando lo vedo lacrimare, lui e la Santanché. Venisse, lui e chi dice che siamo tutti evasori e pregiudicati, a lavorare con me un giorno. O a lavorare con tutte quelle partita iva che ogni giorno vanno in ufficio, liberi professionisti per finta, schiavi nella realtà, senza libertà e senza diritti.
Sì, l’ho appena scoperto e ora sono in piena crisi di identità! Ho buttato quattro anni della mia vita???
Ho appena scoperto che sono una couselor perché mi hanno spiegato che la differenza tra la psicoterapia e il counseling (fatto da un counselor) è che il secondo non lavora sull’inconscio!
Ma nemmeno io lavoro sull’inconscio!
Io mi accingo a fare psicoterapia sistemico-relazionale! Io e i pazienti insieme scoviamo limiti e li trasformiamo in risorse! Sfruttiamo le potenzialità dei sistemi!
Inconscio? Ma quale inconscio! In quattro anni di scuola di specializzazione non me ne ha parlato praticamente nessuno!
Cosa significa questo? Che sono stata tratta in inganno???? Che credevo di stare specializzandomi in psicoterapia e invece stavo diventando una couselor perché non so come si lavora sull’inconscio???
Aiutatemi, vi prego! Una crisi d’identità a 40 gradi è intollerabile!!