Dopo l’intervista doppia che vi avevo postato qui (CLIKKA per rivedere) vi avevo lasciato indietro con le mie osservazioni circa quanto esposto dai colleghi sulla modifica dell’art. 21 del nostro C.d.
La premessa:
io credo innanzitutto che la tutela della nostra professione sarà tanto più solida quanto più sarà attiva e non “difensiva”.
A partire da questo numero ho iniziato a collaborare con la rivista Io Psicologo (qui, a pagina 29 potete leggere il mio articolo) e in particolare ho deciso di occuparmi di marketing e libera professione. Nei prossimi mesi usciranno diversi miei articoli sulla rivista e tutti sono caratterizzati da un filo conduttore: il richiamo, forte, ai miei colleghi (e a me stessa ovviamente) a impegnarsi in una promozione sempre più efficace. E non solo per mera “sopravvivenza commerciale”, ma per autentico dovere morale: le persone in difficoltà DEVONO sapere che c’è chi può aiutarle.
Tanto più noi psicologi ci impegneremo a utilizzare tutti i nostri strumenti e tutte le nostre conoscenze per proporre iniziative che rispondono ai bisogni e ai mezzi, soprattutto economici in questo momento, delle persone, tanto più la nostra professione sarà promossa e tutelata.
Mi piacerebbe fosse questa la strada principale che guida un Ordine professionale, mi piacerebbe fosse questo lo spirito guida della nostra comunità.
E’ anche per questa ragione che provo una sostanziale indifferenza per le altre professioni, le cosiddette “professioni della relazione d’aiuto”, sdoganate dalla recente legge 4/2013 “Disposizioni in materia di professioni non organizzate” . Non trovo utile stare lì a lagnarsi o a fare loro le pulci; pensiamo invece a fare il nostro lavoro, professionale, sul campo, quello quotidiano di tutti i giorni, e “politico”, scuotiamoci dal sonno in cui colpevolmente ci siamo adagiati per anni.
Non mi importa dei counselor&co. perché fino ad ora ho sentito solo di sentenze che condannano coouselor, psicopedagogisti e simili per l’esercizio abusivo della professione di psicologo, non mi è mai capitato di leggere il contrario…
Una sempre più precisa definizione degli atti tipici dello psicologo, più chiaramente comprensibili al pubblico e soprattutto al legislatore, avrà solide fondamenta per impiantare le sue radici nella promozione attiva. A quel punto saranno tutti gli altri a dover capire quali sono i loro di atti tipici e non noi ad andare a fare le pulci agli altri. Ribadisco la mia posizione: se esistono ALTRI profili professionali che possono aiutare le persone a stare meglio, BEN VENGANO, io sarò felicissima di collaborare con loro.
Questo lunga premessa per dire che, innanzitutto, non sono una guerrafondaia e che davvero mi incuriosisce molto la posizione del “no” a questo referendum, soprattutto da parte dei colleghi.
Avevo già letto (con molta pazienza…era lunghissimo) un primo articolo della collega Anna Barracco (qui) dove spiegava le ragioni del no e ora ho ascoltato la sua intervista.
Le mie perplessità su questa posizione referendaria, ahimè, sono restate intatte.
Sono rimasta colpita innanzitutto dalla prima motivazione che dovrebbe spingermi a votare no: se passa la modifica dell’art.21 poi mi spavento di fare formazione. Il tiro è stato aggiustato in corsa: se all’inizio si parlava esplicitamente e in maniera terrorizzante di “chiusura di sbocchi occupazionali” perché non avremmo potuto fare formazione a nessun altro se non ai nostri colleghi [qui un esempio di terrore], ora si parla di paura che improvvisa dovrebbe colpirci.
Sarò una temeraria evidentemente…perché non riesco a trovare questo aspetto sorprendente. Non riesco nemmeno ad attivarmi una paranoia del tipo
cos’è che non colgo?
Sarà che ragiono sempre in maniera concreta…
Domanda: ai badanti cui faccio lezione insegno io a fare gli psicologi?
Risposta: No.
Domanda: se a degli insegnanti insegno cosa sono i DSA, insegno io a fare gli psicologi?
Risposta: no.
E potrei andare avanti all’infinito sena avere paura proprio di nulla…
Altra motivazione che dovrebbe portarmi a votare no: l’art.21, anche se modificato, non farà sparire counselor&co. E’ vero, lo so e sinceramente non me ne frega niente. Io non voglio far sparire proprio nessuno. Voglio invece che chi tra i miei colleghi, per facile lucro per lo più, avalla situazioni che favoriscono l’abuso di professione, venga punito. E non per puro sadismo, ma perché l’abuso fa male alla categoria ma soprattutto mette a rischio i cittadini. E sì, trovo pure che questa sia una violazione deontologica grave.
C’è poi il discorso “negli altri Paesi non è così”. Beh…non voglio apparire acida, ma negli altri Paesi un mucchio di cose non sono esattamente come in Italia, nel bene e nel male.
Parlare di sistemi di accreditamento, sognare la cancellazione dell’art.21 perché incostituzionale, è parlare di un mondo che non c’è. Tanto varrebbe cancellare la legge che istituisce la nostra professione. Potrei pure essere favorevole a un’idea simile, intendiamoci, ma al momento la realtà è un’altra, e se proprio dobbiamo abolire il nostro ordine, allora aboliamoli tutti, mica vogliamo essere gli unici fessi? All’interno delle attuali normative italiane, proporre l’argomentazione “dagli altri non è così” non mi pare sensato, è come scotomizzare totalmente il contesto all’interno del quale ci troviamo.
Insomma, per quanto mi sforzi di trovare ragioni convincenti per votare no alla modifica dell’art.21 non ci riesco.
A meno di improvvise epifanie, credo proprio che voterò sì, senza spavento e senza paura.
Anche, però, senza attese messianiche o paternalistiche (da sistemica, mi ha fatto sorridere l’affermazione della collega 🙂 ).
Non è certo all’interno di questa modifica che si risolvono le questioni derivanti da 20 anni di coma della nostra politica professionale, da 20 anni di prevalenza e tutela di un indirizzo sanitario a discapito di quella della prevenzione e della tutela del benessere e da 20 di disinteresse per i liberi professionisti.
La mia speranza è che il coinvolgimento in questo referendum sia alto, pure se le pratiche del voto si prospettano farraginose (i kit dovevano arrivare a fine maggio, qualcuno ne ha notizia?).
Al contrario della collega Barracco, io non vedo tensione all’interno della nostra comunità (ma forse la mia percezione è legata alla mia realtà regionale).
Magari!
Ci sarebbe energia, Whitaker e pure io ne saremmo felici! Ci sarebbe terreno fertile per le idee!
Invece io sento svilimento, disinteresse un “tanto che ne parliamo a fare”, un sostanziale scollamento fra ciò che fa l’Ordine, realtà professionale e realtà civile che francamente mi preoccupa…
[Aggiornamento 4 Giugno 2013: qualcuno inizia a riferirmi che i kit stanno arrivando. BUON VOTO A TUTTI ALLORA! 🙂 ]