Una volta mi hanno chiesto l’origine del titolo del mio blog: SenzaCamice.
La genesi leggendaria (tutte le cose fighe e di culto ne hanno una!) racconta di una giornata di caldo atroce di ritorno dal policlinico.
Il tirocinio al policlinico era tutto un mettere e togliere il camice, entrare e uscire dal reparto.
Un tirocinio formativo meraviglioso, come quasi tutti quelli che hanno caratterizzato il mio percorso di formazione come psicologa prima e psicoterapeuta poi.
Quel giorno, quello di caldo atroce, era anche il mio ultimo giorno di tirocinio e giù tutto un grande affollamento di domande.
“Un Anello per domarli tutti, un anello per trovarli, un anello per ghermirli e nell’oscurità incatenarli”.
[AVVERTENZA: Si avvisano e rassicurano i lettori che nessun Hobbit è stato maltrattato per la stesura di questo post ]
Dopo essermi atteggiata per un paio di settimane a grande sapiente che si rivolge ai futuri colleghi come se io avessi 100 anni, è ora di dire anche qualcosa su cosa può fare la mia generazione di psicologi per questa professione.
Per “mia generazione” intendo quelli dei colleghi che ora hanno 30-40 anni al massimo. Quelli che sono nati quasi in contemporanea con la nascita di questa professione che, ricordiamocelo, in Italia legislativamente nasce appena nel 1989.
Non accade solo nelle puntate di Porta a Porta, è un vizio proprio tutto italiano, quello di masturbarsi intellettualmente nell’analisi delle situazioni senza mai fare il passo successivo, ossia
…stando così le cose, che vogliamo fare?
Vogliamo non iscriverci a psicologia e fare altro?
Vogliamo fare gli psicologi e cannibalizzare i colleghi?
Vogliamo fare gli psicologi e stare chiusi nello studio ad aspettare?
Vogliamo fare gli psicologi e girovagare alla ricerca di una raccomandazione?
Vogliamo fare gli psicologi e fare 100 anni di volontariato nell’attesa che qualcuno abbia pietà di noi?
Vogliamo fare gli psicologi che in realtà fanno gli addetti alla cucina e alla pulizia dentro una cooperativa?
Delle alternative di cui sopra credo che l’unica efficacemente percorribile sia la prima. Chi, con miopia, si accomoda in una delle successive fa del male a sé e alla categoria.
Si fa irretire dal potere dell’anello.
Oppure.
Oppure vogliamo essere psicologi che pensano a come sfruttare trasversalmente le proprie competenze? Gli psicologi che non si vergognano di parlare di marketing e guadagno? Gli psicologi che un anno o due di volontariato va bene per fare esperienza, ma poi si riconoscono limiti e risorse e iniziano a vivere e pensare da professionisti quali sono? Gli psicologi che, constatato che l’attuale sistema non va granché bene, si impegnano per cambiarlo? Gli psicologi che se mettiamo insieme il mio orticello e il tuo orticello facciamo una gran bella azienda agricola, invece di vivere nella paranoia?
Qualche anno fa accadde un episodio che ricordo tra i più spiacevoli della mia vita umana e professionale. In un contesto istituzionale, un gruppo di noi faticò molto per cercare di avviare un progetto. Si facevano orari piuttosto proibitivi e si stava pure con soggetti a rischio. Eravamo un gruppo di giovani, qualcuno si stava specializzando, qualcun altro stava per abilitarsi. Quando si trattò di passare alla fase concreta, ossia quella dove si sarebbe potuto vedere anche qualche soldo, d’improvviso si materializzò il collega che non aveva fatto le albe con noi, non aveva fatto le notti a scrivere relazioni, penso non avesse nemmeno mai visto uno dei suddetti pazienti, niente, nessuno l’aveva mai visto. Ma due e due quattro, ci scippò il progetto da mano.
Ricordo me stessa, chiusa in una stanza con i ragazzi con cui avevo lavorato, che battevo i pugni sulla scrivania dicendo
che caz*o ci insegnano! Non si fa così! Non dobbiamo imparare a essere così!
E’ il potere dell’anello. Ti irretisce, rendendoti però miope. Tutto quello che vuole l’anello, infatti, è semplicemente tornare dal suo padrone. E’ tuo ma non ti appartiene.
Esiste un solo signore dell’anello, solo uno può piegarlo alla sua volontà ed egli non divide il potere!
E lo stesso credo accada a chi sceglie questo modo di vivere la professione.
La mia generazione in questo momento è nella più ingrata delle fasi. Quella in cui può avviare un cambiamento dei cui frutti godrà molto meno di quanto non meriti. Ammesso che ce ne siano…
Ma davvero non abbiamo molta scelta.
Riuniti a Gran Burrone, presso Re Elrond, uomini, elfi e nani litigano a lungo sulla loro condizione. Si scagliano reciprocamente colpe e vecchi rancori. Finché Frodo, il piccolo Hobbit, non si alza e dice
Porterò io l’Anello a Mordor. Solo… non conosco la strada.
Ecco. La nostra comunità in questo momento è riunita a Gran Burrone. E discute, a volte litiga.
Ora bisogna che ci si inizi ad alzare dagli scranni e formare una compagnia.
Partirò da un punto che sembra lontanissimo e che pare non avere nulla a che fare con la psicologia. Ma spero di riuscire a scrivere in maniera sufficientemente chiara da far capire cosa intendo.
Due sono i fatti che in questi giorni ho in testa.
Uno è il risultato del referendum sul nostro codice deontologico. Ad interessarmi sono in particolare i dati sulla scarsissima affluenza (meno del 15%).
L’altro è che un signore che ha detto
posso curare tutte le malattie del mondo!!
riceverà dal Ministero della Salute ben 3 milioni di euro per sperimentare questa sua affermazione.
La faccenda di Davide Vannoni, del Metodo Stamina, delle Iene, della piccola Sofia scoppia in maniera eclatante questo inverno con i servizi di Giulio Golia sui presunti miglioramenti che dei bambini avrebbero a seguito delle infusioni di cellule staminali preparate con questo Metodo Stamina.
Scatta l’onda popolare, le manifestazioni, le proteste, la solidarietà a Vannoni, ostacolato dal complotto delle case farmaceutiche, la crudeltà della scienza che non concede a questi piccoli bambini nemmeno l’ultima speranza. Si susseguono i servizi di Giulio Golia. La pagina Facebook di Vannoni si popola di seguaci e messaggi di incoraggiamento.
Sembrano quelle feste in cui mentre tu sei concentrato a fissare gli splendidi fuochi d’artificio, ti sfilano il portafoglio. Perché mentre tutti guardano i servizi di Giulio Golia, si ignora che di questo Metodo non si sa niente, non si conoscono le procedure, non si ha un protocollo, si ignora un’indagine di Guariniello su una presunta pericolosità delle procedure, si ignora l’origine della storia (potete trovarla ricostruita qui). Si ignora anche che non c’è una pubblicazione, uno studio, nulla che parli di questo metodo, si ignorano pure una serie di brutte figure, come la foto copiata da uno studio ucraino e utilizzato per presentare una richiesta di brevetto (poi ritirata, qui ritrovate una ricostruzione dei fatti).
Direte voi:
ma cosa c’entra tutto questo con la psicologia?
C’entra più del fatto che, ahimè, Vannoni viene talvolta fatto passare per psicologo e talvolta in maniera dispregiativa come “psicologo che vuole fare il medico”… Vannoni, per la precisione, è un laureato in lettere, insegna psicologia della comunicazione e si è occupato, che curiosità, di comunicazione persuasiva…
Ma c’entra per un altro aspetto.
Chi è psicologo sa bene quanto è complicato farsi finanziare una buona idea. Anche quando questa è stata ampiamente testata da altre parti, con successo ed efficacia.
Sì, lo confesso, il Vannoni attualmente è la mia ossessione!
Com’è stato possibile per lui ottenere cosìuna sperimentazione che costerà TRE MILIONI di Euro e, per dirne una, i Centri Antiviolenza di cui vi parlavo qui [CLIKKA] rischiano di chiudere perché non arrivano più fondi?
Eppure ci secchiamo le lingue a urlare di quanto ci sia bisogno di soluzioni e sostegno alle persone, soprattutto donne, che subiscono violenze, spesso nel contesto domestico.
Il fatto che ci sia un bisogno riguardante questo aspetto, è acclarato. Il fatto che un centro antiviolenza possa rispondere a questo bisogno lo è altrettanto.
Allo stesso modo: il fatto che ci sia bisogno di fare qualcosa per chi ha delle malattie che finora la scienza non riesce ancora a curare è pure un altro fatto, altrettanto grave. Che Davide Vannoni e il Metodo Stamina siano la risposta a questo bisogno non so quanto possa essere una risposta a questo fatto.
E sinceramente non trovo accettabile la risposta – Se non si fa la sperimentazione non lo sapremo mai – perché allora anche un personaggio che asserisce di curare il tumore col bicarbonato (parlo di questo qui) ha tutto il diritto di pretendere di sperimentare la sua metodica.
Però qui il punto non è Vannoni in sé, la mia opinione al riguardo penso sia sufficientemente chiara.
Il punto che dovrebbe interessare molto noi psicologi come categoria è: come mai spesso non riusciamo a farci finanziare nemmeno il più brillante, testato, efficace dei progetti?
Degli psicologi terrestri cercano di arrivare presso l’ordine plutoniano
E arrivo alla percentuale del 15% di partecipazione al referendum. La cosa è sconfortante, dalle parole del Presidente Palma mi pare di intuire che non è in previsione una riflessione su cosa faccia e pensi il restante 75%.
Così pensavo a un passaggio estremo: che sia l’ora di chiuderlo quest’ordine?
La netta maggioranza degli psicologi lo ignora quando ci chiama a raccolta. Molti di noi, e me per prima, sentono che l’Ordine vive su Marte e non ha idea di cosa accada nella vita quotidiana di noi poveri psicologi terrestri (magari pure giovani e magari pure liberi professionisti).
Inoltre mi costa personalmente 155 euro all’anno che, in tutta sincerità, non sento tornarmi indietro neanche con il più creativo degli sforzi; la mia iscrizione la sento come una tassa e basta, non come un’iscrizione a qualcosa capace di offrirmi un servizio. Ma se rispetto ai servizi, Regione che vai – Ordine che trovi, è a livello nazionale che la distanza si fa ancora siderale. Da Marte si passa tranquillamente a Plutone (che non è neanche più un pianeta?).
Poi l’amico Christian, mentre parliamo di tutt’altro, mi illumina con una frase e comprendo. Mi dice
Non possiamo chiudere una cosa che non è mai stata aperta
Allora ecco quello che penso. Così come funziona l’Ordine è un’istituzione per lo più fallimentare. Vanno chiusi? Va liberalizzato tutto? E’ un’idea, lo è di alcuni colleghi.
Non è la mia però.
Non solo perché diffido della totale liberalizzazione in generale…soprattutto in Italia…
Ma perché penso che la nostra più grande colpa, come categoria professionale, è di non aver mai avuto la capacità politica di affermare quello che è sotto la luce del sole. Lasciamo che i familiari dei malati di cancro si debbano arrangiare da soli, che persone di tutte le età sperperino quei quattro soldi che hanno in tasca alle slot, chiudono i centri antiviolenza, nei Ser.T. (giusto per citare quanto accaduto durante la Giornata Mondiale contro le Droghe del 26 Giugno) s’è perso l’85% degli psicologi, nelle scuole la prevenzione e il sostegno sta in mano a volenterosi (a volte pure troppo volenterosi…) colleghi.
Allora sì, gli Ordini sono già chiusi e vanno chiusi definitivamente, se semplicemente devono essere terreno di guerra e spartizione, tra scaramucce personali, di quartiere, di confine, di scuole di specializzazione.
E così con loro portano a morire appresso tutti noi.
Oppure si devono aprire.
O meglio ancora: DOBBIAMO farli aprire, a costo di fare come quei petulanti venditori che continuano a bussare alla porta finché qualcuno non si arrende a farti entrare.
Leggo e rileggo quest’ultima frase che suona un po’ da sessantottina…ma ho 30 anni e nulla più da perdere, se la cosa che amo fare nella mia vita…
Quando le cose sono confuse, bisogna partire innanzitutto da un punto fermo.
Ecco il mio.
Al netto di ogni considerazione esistenziale, io ho una partita iva e sono quindi una LIBERA PROFESSIONISTA.
In quanto psicologa, questo significa che dietro di me non ho nessuno; davanti a me, invece, ho una moltitudine che sulle spalle porta una o più di queste etichette:
e sono sicura che la folla sia talmente tanta e la mia vista così poco acuta che molte etichette nemmeno riesco a leggerle.
Otto psicologi su dieci non hanno messo tre-crocette-tre su un cartoncino e quindi hanno sentito di non avere nulla da dire circa la disciplina della loro professione.
Molti i kit non pervenuti, molti quelli arrivati fuori tempo massimo.
Dal CNOP ci hanno scritto che entro fine maggio ci sarebbe arrivato il tutto. Al 10 giugno erano molte le caselle postali ancora vuote e magari potevano avvertirci che il tutto avrebbe avuto l’aspetto del solito notiziario che, quello sì, l’80% di noi usa per pareggiare le gambe del tavolo.
Poi ci si è messa pure questa regola del “voto pervenuto”, invece del timbro postale, che ha dato tanto l’impressione di voler creare quanti più ostacoli possibili…
C’è stato poi l’imbarazzante silenzio degli Ordini Regionali.
Da questo screenshot potete vedere la prima pagina di google sulla ricerca “referendum psicologi codice deontologico”.
Se la posizione del mio blog può di certo pompare il mio narcisimo, lo sconforto mi prende quando nemmeno a pagina 5 compare il mio ordine regionale di appartenenza. E quelli delle altre regioni non fanno figura migliore, comparendo comunque nelle pagine 3 e 4 prevalentemente. E chi usa google sa bene che, a meno di ricerche particolarmente approfondite, non si va oltre la prima pagina per i risultati (peggio, non si va oltre i primi 3 link suggeriti dal motore di ricerca!!).
Si organizzano tanti seminari, più o meno utili/inutili, e dibattiti vari; possibile che in un mese e mezzo gli ordini regionali non abbiano trovato il tempo di spiegare ai loro iscritti cosa stavano andando a votare?
L’ipotesi che mi sono fatta io per spiegare questo colpevole silenzio è, ahimè, molto amara, cinica e con spunti paranoidei.
A pochi mesi dalle elezioni, infatti, a molti deve essere sembrato sconveniente prendere posizione sull’art.21 soprattutto…
Con quale faccia ci si sarebbe poi potuti presentare nelle medesime scuole che formano counselor e psicoterapeuti contemporaneamente, nelle stesse aule, con gli stessi programmi, con gli stessi docenti, a chiedere voti?
E questo è il mio pensiero sulle istituzioni.
Ma quell’80% che è stato in silenzio ora, tale e quale alle elezioni ENPAP, può essere spiegato solo così?
No, non può. E’ troppo facile, troppo semplicistico, troppo lineare.
Mentre i buoni fuggono con l’elicottero, il cattivo viene lasciato a terra e una miriade di zombie, accecati dalla fame, gli si lanciano addosso per sbranarlo.
Naturalmente ci sarà quello più fortunato, che prenderà un bel boccone, quello che dovrà accontentarsi di qualche piccola briciola e quello che resterà a digiuno e frustrato dalla fame.
Il punto è che mentre tutti si lanciano su quei pochi brandelli di carne, ignorano che gli sta per scoppiare addosso una bomba atomica che li annienterà!
Non sarebbe allora stato più sensato cercare di salire sull’elicottero?
Mentre noi ci litighiamo le poche ossa, addosso ci cadono i counselor, ci cade una visione sempre più “medicalizzante” della nostra professione, ci cadono gli altri professionisti che ci scippano ambiti di lavoro nei quali saremmo utilissimi (come scrive così bene qui Valentina Bovio) …e ci cadono addosso un milione di altre cose che sicuramente la mia notevole miopia mi impedisce di riconoscere!
Siamo tanti e contiamo pochissimo.
Siamo disillusi, disimpegnati, sfiduciati, siamo frammentati ciascuno a difesa del suo orticello, come dice il mio caro amico e collega Giovanni.
Ma una speranza c’è, io la vedo e non voglio abbandonarla.
C’è nella comunità uno zoccolo duro che non molla.
Che non crede nell’individualismo e nel cannibalismo zombico, che parla, discute, ma soprattutto scuote, che tappa i buchi laddove le istituzioni se ne stanno in silenzio più o meno disinteressato.
Con qualche blog, qualche sito, qualche pagina su Facebook siamo riusciti a entrare in contatto con 17mila psicologi.
Non dobbiamo mollare.
Dobbiamo continuare a parlare, continuare a indicare l’elicottero, perché è impegnandoci a salire su quello che possiamo sperare di non doverci accontentare delle briciole o addirittura restare a bocca asciutta.
Visione idealistica?
Forse.
Ma è davvero l’unica visione possibile per me, se voglio continuare a fare questa professione.
Quando la mia visione cambierà, diventerà più pessimistica o semplicemente più realistica potrà dirmi qualcuno, allora non cercherò compromessi.
Semplicemente farò qualcos’altro.
Cosa non lo so…in fondo io faccio parte di queste generazione di giovani così choosy…
Non si tratta di un disturbo ipomaniacale (o forse sì in effetti), ma il frutto di un dinamico spirito di collaborazione, condivisione e una grande voglia di lavorare (no, gli psicologi non sanno proprio essere choosy…)
Sabato 8 Giugno alle ore 18.00 ad Orta di Atella in via Cavour, 2 presso lo studio della dott.ssa Cineglosso si terrà l’INCONTRO GRATUITO organizzato dall’Associazione LeGaMi
I tuoi 9 mesi – Consigli per una gravidanza serena e felice
Durante l’incontro, dedicato a tutte le gestanti, si parlerà di:
gravidanza, travaglio e parto…
vita di coppia, sessualità e cambiamenti familiari…
tecniche di respirazione e rilassamento…
alimentazione e cambiamenti corporei…
allattamento, coccole e cure neonatali…
depressione post-partum e prevenzione…
emozioni, ansie e preoccupazioni…
PER ACQUISIRE FIDUCIA NELLE PROPRIE CAPACITÀ ED ARRIVARE PRONTA AL GRANDE GIORNO!
Al termine dell’incontro saranno presentati i Corsi di preparazione al parto organizzati dall’associazione LeGaMi.
Per info e prenotazioni:
338 26 42 155
a.cineglosso@email.it
Spargete il verbo, aumenterà un po’ anche la vostra di felicità!
Il seminario di sabato su come aiutare i bambini a superare il lutto e la perdita avrà un seguito a partire dal 1 giugno.
Si tratta del laboratorio esperienziale
IL CERCHIO DELLA VITA – Aiutare i bambini a superare il lutto
organizzato sempre dall’Associazione LeGaMi.
Attraverso il gioco, le favole, il disegno, aiuteremo i bambini a superare il dolore del lutto e ri-costruire un cammino di speranza.
Gli incontri si svolgeranno ad Orta di Atella in via Cavour, 2 presso lo studio della dott.ssa Alessandra Anna Cineglosso.
Si tratta di un tentativo innovativo di prevenire il disagio e sostenere i bambini di fronte al dramma del lutto.
Vi invito a far circolare l’iniziativa e a diffondere l’informazione più che potete.
RICORDATE SEMPRE: ALL’AUMENTARE DELLA CONDIVISIONE, AUMENTA LA FELICITA’!
Collaborazioni del sabato: “Il cerchio della vita – Aiutare i bambini ad elaborare lutti e perdite”, seminario organizzato con l’Associazione LeGaMi, insieme alle colleghe Alessandra Cineglosso, Imma De Simone, Giovanna Morrone.
Anche il più lungo dei viaggi inizia con un passo…
Da questo mese parte la mia collaborazione con il magazine IoPsicologo , una rivista che si occupa di psicologia e che potete scaricare gratuitamente da internet.
In particolare ho deciso di occuparmi di una tematica di cui praticamente nessuno, soprattutto qui in Campania, parla ai liberi professionisti: il marketing e la promozione professionale per lo psicologo libero professionista.
Il mio intento è ambizioso: avviare un percorso culturale che rinsaldi la nostra identità di professionisti.
Scaricate la rivista e fatela girare, è una bella iniziativa, facilmente fruibile ed estremamente divulgativa.
Spero di avervi ingolosito…a lunedì per il primo articolo, dal titolo accattivante:
Libera coscienza in Libero Professionista. Il marketing è un peccato mortale?