Su Diventare Psicologo chiedono:
dopo quanto tempo siete riusciti ad avere uno stipendio adeguato?
Ecco: il babbo mi ha cresciuta a pane e Nanni Moretti, ma anche Freud sull’uso delle parole ha detto quel paio di cosette.
Stipendio.
Non so nemmeno definirlo, sto cercando il suo significato su google…
Dunque, “stipendio” sta per:
Retribuzione FISSA del prestore di lavoro continuato e subordinato, come funzionario o impiegato privato o pubblico. (vd. Treccani)
Se dovessi rispondere letteralmente alla domanda del collega – quanto tempo ci avete messo ad avere uno stipendio adeguato? – dovrei rispondere banalmente che non ci sono mai riuscita e presumo di non riuscirci più o meno mai.
Senza entrare nelle analisi sociologiche e politiche, resta il dato di fatto: la vita da stipendiato non è una prospettiva credibile per gli psicologi della mia generazione.
A dirla tutta, non lo è per nessuno della mia generazione, considerando che ormai anche la più affidabile delle società termina in un attimo anche l’apparentemente più solido contratto a tempo indeterminato.
In Italia ormai solo lo Stato è affidabile erogatore di contratti a tempo indeterminato, ma sappiamo tutti come è messa la situazione, sia per quanto riguarda il turn over che non rimpiazza se non in minima parte chi va in pensione, sia per quanto riguarda alcune storture, diciamo così, nelle modalità di accesso.
Nel soffio di una generazione
Già, tutto è cambiato nel soffio di una generazione, il tempo ha improvvisamente accelerato e nel giro di pochissimi anni il mercato del lavoro è completamente cambiato.
Ad una velocità che ha sorpreso tutti, che si sono trovati in mano un mondo nuovo e modelli vecchi.
Dallo stipendio al fatturato.
Dicesi fatturato:
Indicatore economico che misura l’ammontare complessivo dei ricavi (➔ ricavo) registrati durante l’esercizio contabile (tipicamente l’anno solare; ➔ contabilità) da un’impresa, e derivanti dalla vendita dei beni prodotti e/o da prestazione di servizi. Il termine ha origine dalla parola fattura (➔). In effetti, esso è proprio la somma delle fatture emesse durante l’esercizio. In genere, il f. viene assunto come indicatore del giro d’affari, quindi della consistenza economica, dell’impresa. (vd. Treccani)
Non siamo solo la generazione digitale, siamo soprattutto la generazione “libero professionale”. E questa, “libertà” che riguarda il tempo e il luogo, riguarda, naturalmente, anche il guadagno.
E’ una condizione esistenziale “fluttuante”, stimolante, ma faticosa, che richiede una gestione dell’economia domestica diversa dall’idea di avere un fisso al mese da portare a casa, perché ci sono periodi in cui hai più spese (vedi scadenze enpap, iscrizione ordine, tasse varie), periodi di ferie (ad agosto lavori?), periodi in cui ci si ammala (ma enpap la malattia la copre, NON DIMENTICHIAMOLO!), periodi in cui i pazienti ti arrivano ad ondate, come gli unni e tu non sai dove metterli.
E così come il mese prima ti sei trovato con l’acqua alla gola, quello appresso ti trovi con un gruzzolo e non sai nemmeno bene come sia successo.
Non è la vita che ci saremmo aspettati, non quella che molti genitori hanno sperato per noi, ma è quella che realisticamente ci aspetta, in attesa della prossima rivoluzione sociale.
Le macchine volanti e le macchine a vapore
E’ uscita da poco una ricerca dell’Adepp e Censis, di cui ha parlato Federico Zanon in questo articolo : lo spunto del Presidente di AltraPsicologia è quello di mettere in rilievo come non tutto possa essere spiegato dal fattore crisi.
Certo, non possiamo negarlo: con la crisi ci fai i conti tu e i pazienti, ed entra prepotentemente nella stanza con te, sia come tema, sia come mero aspetto organizzativo (i tuoi pazienti lavorano a turni, perdono il lavoro, lavorano per alcuni periodi).
Ci si è messa poi pure una politica gravemente miope: i liberi professionisti vengono ogni giorno tormentati con obblighi di ogni tipo, spesso oltre ogni limite di ragionevolezza.
Ma limitare la spiegazione a questi due fattori rischia di essere riduzionista e senza speranza e soprattutto non rende giustizia alla nostra fondamentale competenza come psicologi: ossia l’essere esperti della complessità.
Quanto incide, ad esempio, la “vecchiezza” dei nostri modelli di interpretazione e approccio al mercato e l’ancoraggio a un’identità da precari e non da liberi professionisti?
Se continuiamo a percepire noi stessi solo come precari, molto difficilmente approcceremo l’attuale contesto lavorativo in maniera proattiva.
Molto difficilmente sopravviveremo, e non dico solo professionalmente, ma anche psicologicamente e umanamente.
Solo un professionista su dieci usa un proprio sito web per promuovere l’attività. La ricerca si limita a parlare di ‘sito web’, che è proprio la base della promozione online. Non si sfiora nemmeno il ricco panorama degli strumenti web oggi a disposizione, da Google a Groupon, da Facebook a LinkedIN.
Questa frase dall’articolo di Federico Zanon mi ha lasciato sbigottita.
Il web non è la soluzione di tutti i mali, così come non ne è naturalmente la causa, ma non credo di fare una deduzione azzardata se ipotizzo che questo possa significare che 9 professionisti su 10 si muovono sul mercato libero professionale senza una strategia di marketing e promozione. Cioè: non hanno idea di come fare a distinguersi all’interno di un mercato che tende a “omogenizzare” tutto. E il discorso vale a maggior ragione per gli psicologi: noi non solo abbiamo il problema di distinguerci in una folla di 100mila abilitati, abbiamo spesso il problema di far capire di cosa è fatto il “prodotto” offriamo ai nostri possibili acquirenti.
Proprio perché la crisi ha ridotto i soldi da poter spendere, chi ha un problema, sarà molto selettivo nella ricerca delle soluzioni e quindi, nel nostro caso, del professionista cui rivolgersi.
Non è un caso il boom di siti di recensioni e scambi di esperienze tra utenti: crisi economica o non crisi economica, i miei problemi restano, ed è certo che se ho pochi soldi in tasca e decido di spenderli, farò di tutto per cercare di spenderli al meglio che posso.
Gli spunti dell’articolo di Zanon restano in superficie, ma credo siano un punto di partenza e non un punto d’arrivo.
Ora dire che se ci si associa si va avanti meglio non è più un invito buonista: è un dato di fatto.
Dire che bisogna implementare nuove strategie di promozione non è più roba da markettari: riguarda la nostra sopravvivenza e anche i bisogni delle persone.
E soprattutto dire “sono un libero professionista” non deve essere più un ripiego, ma un preciso abito cucito su misura.
Un pensiero riguardo “Psicologo: stipendio o fatturato?”