Cosa lo pago a fare io l’Ordine?
Personalmente, io lo pago innanzitutto per due motivi, (che sono pure quelli stabiliti per Legge dalla 56/89)
a) Per dire ai cittadini chi è abilitato a svolgere una professione delicata come la mia e chi no.
b) Per vigilare ed eventualmente sanzionare quei colleghi che si comportano in maniera scorretta.
Voglio che faccia questo, e sono disposta anche a pagare, perché l’Ordine deve tutelare innanzitutto i cittadini, soprattutto quelli che stanno passando un momento di difficoltà, e poi perché deve tutelare anche me, in quanto persona rispettosa delle leggi dello Stato.
Ora: vi sembra che il vostro Ordine non faccia nessuna di queste due cose?
Non vi crediate assolti: la responsabilità è anche vostra. All’Ordine ci sono persone che avete eletto, andando a votare o non andandoci. La prossima volta impegnatevi di più a sceglierle o impegnatevi in prima persona: si fa ogni quattro anni, basta poco che ce vo’?
Poi io pago l’Ordine anche perché, mettendo insieme un gran numero di professionisti, può non solo rappresentare le necessità della mia professione nei vari contesti istituzionali, ma può negoziare agevolazioni vantaggiose per facilitarmi la vita da professionista e offrirmi servizi e anche formazione.
Anche qui: se siete insoddisfatti di quanto fatto dal vostro Ordine, non vi crediate assolti.
Vedi sopra.
E’ bene poi ricordare un fatto semplice-semplice: l’Ordine non è finanziato da nient’altro tranne che dai soldi provenienti dalle tasche dei propri iscritti e mi pare che per una ragione banalissima di equità ciò che si fa coi soldi di tutti deve andare a beneficio di TUTTI.
Anche l’Ordine Nazionale, il CNOP, si mantiene con i soldi di tutti noi: una quota di quanto versiamo nei nostri Ordini regionali, infatti, va direttamente nelle sue casse.
Ed è per questa ragione, anch’essa banale, che ho trovato che l’idea di fare delle borse di studio con i soldi del CNOP fosse sostanzialmente iniqua.
Per questo, nonostante avessi già almeno due progetti pronti (uno è quello che ha passato la selezione della Call di Enpap), non ho partecipato.
Tutto quanto segue non attiene certamente né alla buona volontà dei colleghi vincitori né al buon lavoro che certamente faranno con questi soldi.
Attiene invece a un’idea di istituzione e delle sue funzioni .
Attiene ad un’inquietante sensazione di resa: poiché non riusciamo a fare in modo di essere sufficientemente convincenti da far sì che “gli altri” investano nella psicologia, ci diamo da lavorare a vicenda. Perché questo sono state le borse di studio: con i soldi di tutti i quasi 100mila psicologi iscritti agli Ordini, si sono finanziati SESSANTA colleghi.
Cioè io in questi anni ho pagato per lavorare e/o per far lavorare un mio collega, nel massimo dell’autofagia e nel minimo dello sviluppo professionale.
A qualcuno (persino Consigliere) è pure presa la mano: vistosi respingere il progetto dal CNOP, è andato dal proprio Ordine regionale, dove in teoria siederebbe per rappresentare i colleghi, a chiedere di essere finanziato.
E mi sembra giusto, quasi-quasi pure coerente: se gli Ordini diventano bancomat, chi mi vieta di andare a bussare alla porta col panierino?
3 cose: una in dissenso e 2 in accordo..
1) dopo aver buttato i ceci a terra e fatta genoflessione, cosa rimane? Sono un pò stufa di questa visione dello psicologo deresponsabilizzato; la verità è che non esistono mezzi ed occasioni per cambiare questo stato di cose.
2) un’altra verità che emerge dal tuo articolo è che c’è molta confusione sul futuro degli psicologi come “professione”: l’Enpap (sono d’accordo) fino ad ora ha promosso iniziative che non interessano alla maggioranza degli psicologi. Questo è un dato che è largamente sottostimato (se non censurato).
3) A me la visione dello psicologo/azienda mi fa schifo. Mi fa schifo anche il modo in cui stanno riciclando la nostra figura nel SSN. Allora qualcuno potrebbe dire che sono “schizzignosa” perché non mi sta bene niente. Non sono schizzignosa, sono furiosa, che è diverso. Sono concorde, quindi, con l’ultima frase del tuo articolo “…per metterci tutti in un buco nero, fino alla nostra scomparsa”, perché non la trovo né umoristica, né esageratamente pessimistica: è “serenamente” reale.
Come vedi, ho risposto lo stesso, anche se i neuroni sono in ammollo marittimo.
MERY