Sono disfattista?
Non è una domanda retorica.
Capita ciclicamente.
Mi collego a Facebook e trovo la bacheca inondata da colleghi entusiasti e speranzosi per l’ennesima affermazione del Presidente Palma che ribadisce la necessità dello psicologo di base o per l’ennesima sperimentazione comunale/provinciale/regionale che vede lo psicologo affiancare il medico di base.
E’ tutto verissimo e pure bellissimo.
Anche 1 solo psicologo che affianca 1 solo medico di base e che evita ad una sola persona l’inutilmente aggravarsi del suo stato di malessere è BELLISSIMO.
C’è la crisi, le persone sono in difficoltà: che ci siano iniziative che aiutano a intercettare i disagi il prima possibile è una questione di senso civico.
Come libera professionista di 31 anni so che l’unico concreto vantaggio che tali iniziative potranno portare alla mia vita professionale è un eventuale ritorno di immagine per lo psicologo; qualcosa di cui semmai arriverò appena a sfiorare i frutti se sono abbastanza fortunata.
Non è una critica, né un giudizio di merito.
Certo, magari fa un po’ rabbia che a 25 anni dalla nascita della professione siamo ancora a parlare di “sperimentazioni”, per lo più locali, senza una visione organica a livello nazionale…ma chi mi legge sa che non sono una persona che indugia nelle recriminazioni.
Guardo i fatti, e cerco di farlo in modo concreto, cercando limiti e risorse.
In queste iniziative la risorsa è certamente per il cittadino.
Il limite dentro cui non devono indugiare gli psicologi della mia generazione è che queste iniziative, a breve-medio termine, non avranno risvolti significativi dal punto di vista occupazionale.
Insomma: non ci sono all’orizzonte concorsi e posti di lavoro nel SSN.
Questo significa allora che chi può (ad esempio le ASL in Veneto, ne parlo qui clikka ) non deve proseguire sulla strada di progetti e proposte a favore del benessere del cittadino?
Assolutamente! Chi può, DEVE!!
Ma tanto valore civico non deve assolutamente essere strumentalizzato dal cinismo politico ed essere utilizzato per dare false speranze occupazionali agli psicologi, giovani e tardo-giovani.
Anzi.
Forse chi crede davvero che lo psicologo di base sia una necessità e un valore per la società e desidera che questa figura veda la luce in maniera strutturata e riconoscibile a livello nazionale, deve accettare innanzitutto il fatto che sarà qualcosa che non lo riguarderà in prima persona.
Solo con questa consapevolezza, allora, potremmo vaccinarci alle facili illusioni e al cinismo elettorale, per un sogno che è di tutti gli psicologi.
Da sempre.