Una doverosa premessa.
Quando ero piccola ero una bambina molto noiosa. Per darvi la misura di quanto appena detto, vi basti sapere che in III elementare chiedevo a mia madre di non mandarmi a scuola per vedere i filmati Luce su Rai3 alle otto di mattina.
La passione è rimasta tale e quale ma, stando a quello che si dice in giro di me, non sono più considerata [tanto] noiosa.
Fine premessa.
FINALMENTE DISPONIBILE SU YOUTUBE IL FILM COMPLETO!

Ho visto “LA PSICOLOGIA ITALIANA RACCONTATA A MIA FIGLIA”, documentario prodotto dal CNOP, autore Raffaele Felaco, Presidente dell’Ordine della Campania.
Come si evince dal trailer, il Presidente Felaco ha viaggiato per l’Italia e ha intervistato i padri fondatori della psicologia nel nostro Paese.
In una suggestiva alternanza di riprese interne ed esterne su molte delle più belle città italiane, come Bologna, Roma, Firenze, Napoli, Milano, Torino, personaggi chiave della nostra storia come Piero Amerio, Giulia Villone Betocchi, Adriano Ossicini, Renzo Carli, Renzo Canestrari, ricostruiscono il contesto storico, culturale, sociale e politico che ha portato alla nascita della psicologia in Italia, culminata con la Legge 56/89.
Il racconto offre spunti interessanti, soprattutto perché è davvero difficile per una persona della mia generazione inquadrare la cornice di quel periodo.
Tra gli spettatori stasera c’era anche chi era giovane durante quegli anni, magari pure ignaro dei cambiamenti che si stavano mettendo in moto. C’era quindi chi a 18 anni aveva sognato la psicologia e poi all’improvviso aveva visto il sogno materializzarsi. Quello che magari appariva solo un miraggio per quei giovani ostinati, che erano costretti a iscriversi a facoltà “affini” per studiare la psicologia, si era potuto realizzare grazie all’azione dei pionieri intervistati in questo film.

Così, mentre Giulia Villone Betocchi, unica donna intervistata, racconta, io,all’improvviso, comprendo.
Quei pionieri ora siamo noi.
O almeno questo sembra il ruolo che la mia generazione deve prendersi rispetto alla storia.
La RIVOLUZIONE DELLA PSICOLOGIA, per usare le parole di Ossicini all’inizio del film, è sulle nostre spalle.
Ci vogliamo scansare e farci un po’ più in là, magari al ritmo di Raffaella Carrà, o vogliamo accettare una sfida destinata a essere molto dolorosa, che ha già fatto morti e feriti, sotto la scure del clientelismo, del disinteresse e della sfiducia, prima ancora della crisi?
A queste mie profonde riflessioni, certamente di elevata caratura intellettuale, si accompagnano però domande più prosaiche, che hanno fatto anche il giro del web, dopo la presentazione del trailer.
Le riporto, perché ad alcune posso rispondere, grazie ai chiarimenti del Presidente Felaco.
a) La “figlia” del titolo chi è? La domanda è pure un poco scherzosa, considerando che il Presidente Felaco non ha figlie femmine! La figlia cui ci si riferisce è la società futura: in questo senso il film vuole essere una sorta di eredità ai posteri.
b) A chi è rivolto il film? Psicologi? Non-psicologi? E con quale scopo? Ho posto la domanda al Presidente, il quale ha chiarito che il film è certamente una eredità per gli psicologi, un modo di nutrire le radici per dare più forza ai rami giovani; ma è anche un documentario assolutamente divulgativo, destinato a tutti. Quest’ultimo aspetto mi ha lasciata personalmente perplessa. Riprendendo le parole di una delle spettatrici, i personaggi intervistati sono di spessore e altrettanto “spessi” sono i loro discorsi. Uno spettatore all’asciutto di psicologia rischia di ricavarne la sensazione di una psicologia troppo astratta e lontana dalla quotidianità della vita. Se dovessi occuparmi di comunicazione per conto del CNOP, personalmente non utilizzerei questo documentario per mostrarlo al “grande pubblico”. Trovo invece che possa essere un utile strumento di dibattito con gli studenti e i giovani psicologi. Lo stesso Presidente Felaco commentando un altro articolo sul documentario scritto dalla redazione di Humantrainer [potete leggerlo qui CLIKKA ] scrive:
Ringrazio tutti per i commenti e per l’interesse mostrato per questo lavoro che ho molto amato. Il messaggio che i grandi colleghi che ho intervistato ci lasciano in questo film, da la dimensione del valore sociale della nostra professione e ci rende fieri di svolgerla con passione e dedizione. L’interesse del CNOP è di far vedere a quante più persone possibili il film, infatti nella prossima settimana saranno distribuite copie a tutti gli Ordini, agli Atenei e alle Scuole di psicoterapia riconosciute. Stiamo anche studiando una possibile distribuzione accessibile a tutti. Gli aggiornamenti li troverete sul sito del CNOP psy.it. Personalmente resto disponibile per chiunque voglia organizzare una proiezione. Cordialità Raffaele Felaco
c) Quanto è costato al CNOP? (ossia a tutti gli psicologi?) In rete circolano alcune cifre che non riporto per non alimentare sterili polemiche. Il punto, infatti, come in qualsiasi progetto, non è la cifra in sé, ma il RITORNO DELL’INVESTIMENTO (ROI). Trattandosi di un “lavoro intellettuale” , non possiamo certo aspettarci un ritorno direttamente economico. Si aprono quindi delle “sottodomande” sulla qualificazione di questo ROI, a partire, naturalmente, dalle “popolazioni bersaglio” cui il film è destinato. Ad esempio: per la “popolazione psicologi” lo scopo è generare consapevolezza attraverso la memoria storica. Per la popolazione “grande pubblico” lo scopo è incidere sull’immagine dello psicologo. Su questi due obiettivi il film incide in misura tale da giustificare l’investimento? Ai posteri l’ardua sentenza…
d) Perché solo UNA DONNA, per una professione che attualmente conta una presenza femminile all’80%? Questo non si è capito, un difetto dell’opera riconosciuto dallo stesso Presidente Felaco.
e) E infine la domanda che tutti si pongono alla fine di un film, chi con terrore, chi con entusiasmo e trepida attesa: CI SARA’ UN SEQUEL? La risposta è Sì! O almeno probabilmente: il Presidente Felaco ha annunciato di aver già avanzato la sua proposta per un film stavolta centrato sui giovani psicologi.
Il voto di senzacamice-versione psycomymovies sarebbe di 3 stelle su 5 se il film fosse rivolto solo agli psicologi. Mezzo punto in meno perché mi convince poco come operazione divulgativa rivolta a un pubblico di “non addetti ai lavori”.
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Smessi i panni da esperta di cinema (eh???) restano quelli da psicologa, che non può fare a meno di restare perplessa, in generale, su alcuni aspetti delle strategie di comunicazione e promozione delle nostre istituzioni, locali e nazionali.
Quelle [poche] operazioni che si sono viste nel corso dell’ultimo quadriennio hanno e hanno avuto carattere per lo più autoreferenziale.
Anche dopo la visione del film, come pure dopo la notizia che il CNOP avrebbe comprato pagine sui quotidiani per la promozione della professione [il mio commento serafico fu – 3 giorni in 4 anni. Sarà mica troppo? – ], non ho potuto fare a meno di chiedermi: ma è questo quello che ci serve oggi? Sono davvero queste le strategie di promozione della professione?
O forse ci occorrono progetti meno ingessati, meno autoreferenziali, ma più efficaci per entrare a pieno diritto nel dibattito sociale, che diano la percezione di uno psicologo assolutamente diverso dall’inavvicinabile e allarmante medico dei pazzi?
Ho difficoltà a lasciare ai posteri questa ardua sentenza perché i posteri, ora, siamo noi.
Grazie Ada!
In effetti mentre leggevo attentamente la tua puntuale analisi su cui ci è capitato spesso di confrontarci, condividendo una maggior parte delle riflessioni, continuavo a pensare al Film – che come sai a Napoli potrò vederlo solo il 15 p.v. – non fcevo che pensare ma in effetti se fosse solo la Prima Parte di una Serie potrebbe avere comuqnue un buon impatto anche sul prubblico che vista una seconda e/o terza parte volesse approfondire…
Ed è così che sono giunta al punto e) che un po’ mi ha tranquillizzato! … Grazie per i tuoi articoli!
puoi darmi il link per visionare il trailer? Grazie…
Eccolo 🙂
D’accordissimo sulla presenza minoritaria delle donne nel documentario, credo comunque rifletta la percentuale di studiose che riuscivano ad accedere al mondo della ricerca in anni in cui c’era il monopolio maschile.
D’accordissimo sulla scarsa fruibilità del video da parte della gente. E, probabilmente, anche per “gli addetti ai lavori”… Di seguito riposto la riflessione che ho condivido sulla mia pagina FB.
Invece che “La Psicologia raccontata a mia figlia”, sarebbe stato più opportuno chiamarlo “La preistoria della psicologia”. Uno documentario che descriva lo stato attuale della psicologia e degli psicologi in Italia non può basarsi su interviste – seppur interessantissime e, a tratti commoventi – ai “dinosauri” della psicologia (luminari ultra 70enni che hanno scritto manuali e lavorato per lo più in ambito universitario). La prossima volta che volete tastare, davvero, il polso alla psicologia dei giorni nostri, intervistate gente come NOI, trentenni disillusi che si barcamenano quotidianamente tra le resistenze culturali e il “lavoro-aggratiss”…
Ora forse dirò una cosa un po’ inaspettata…dopo questa tornata elettorale che ho affrontato come candidata, penso che un’operazione di ricostruzione delle radici storiche e politiche della nostra professione per i giovani studenti e i neo-abilitati sia necessaria, per costruire senso critico e appartenenza all’interno della categoria.
Ahimè non penso sia questo il modo…soprattutto al netto del costo dell’opera che, pare, aggirarsi intorno ai 70mila euro…e come ho già scritto nell’articolo il punto non è la cifra tot spesa in assoluto, ma il ROI, che qui davvero ho difficoltà ad immaginare…
Quello che mi lascia più di tutto inquieta è il passaggio: il passato che racconta al futuro…con totale scotomizzazione del presente, che è fatto, come dici tu, di resistenze culturali, lavoro “aggratis”, disoccupazione e guadagno medio mensile tra i più bassi, ma anche altro…realtà che funzionano, realtà diverse dalla clinica e dalla psicoterapia, realtà libero professionali che hanno saputo coniugare amore per la professione, etica e spirito imprenditoriale…